Questi sono i trekking che rilassano corpo e mente.  Quelli in cui la fatica è appagata dal paesaggio circostante, con i suoi colori autunnali e il paesaggio che si trasforma in continuazione grazie anche al suo lungo sviluppo: in questi 25 km percorsi abbiamo attraversato un bosco di larici, diversi Alpeggi e laghi, arrivando al passo Scatta Minoia dove abbiamo calpestato la prima neve della stagione, caduta il giorno prima.

In questa domenica autunnale decidiamo di fare un trek in cui possiamo ammirare i colori che ci regala questa stagione, e Alessandra propone l’Alpe Devero, nell’estremo nord del Piemonte, e non potevamo chiedere di meglio.

Partiamo presto da casa, perché il trekking non è corto e la nostra destinazione non è proprio dietro l’angolo. Alle ore 9.00 parcheggiamo all’Alpe Devero (a quota m.1634), ci copriamo perché fa decisamente freddo, e partiamo per il nostro trek, direzione passo Scatta Minoia (m.2599). Lasciamo il parcheggio e raggiungiamo la piana del Devero, attraversiamo il ponticello a destra e subito ci addentriamo nel bosco di larici, dove sono iniziate le meraviglie con un susseguirsi di sfumature che vanno dal giallo all’arancione. Camminiamo godendo della vista intorno a noi in questa bellissima giornata di sole, e arriviamo a Crampiolo, un caratteristico alpeggio con tante casette sistemate meravigliosamente e una bella Chiesetta solitaria. Scattiamo qualche foto e proseguiamo verso il lago del Devero che costeggiamo a destra, poca gente in giro e un quoad che ci sorpassa: due ragazzi che ci salutano e che ritroviamo più avanti quando raggiungiamo l’Alpe Canaleccio (m.1984) per le ore 10.30: sono indaffarati a sistemare le vecchie case abbandonate, e troviamo fantastico il fatto che ci siano ancora giovani che si impegnano a mantenere attivo il territorio. Li salutiamo e continuiamo a salire, arriviamo all’Alpe Forno (m.2222) dove ci soffermiamo a mangiare qualcosa, e proseguiamo senza più fermarci per il Passo Scatta Minoia, attraversando un bellissimo altopiano, un anfiteatro di cime, dove regna un immenso senso di infinito, dove ci sentiamo piccoli circondati da tante vette una più bella dell’altra. Qui iniziamo a vedere la prima neve, poca forse intorno a quota 2400 m., che pian piano che saliamo aumenta, tanto che ci chiediamo se saremmo riusciti a raggiungere il passo. A fatica complice anche la neve lo raggiungiamo per le ore 12.00. Fantastico, tanta neve anche sul versante opposto, quello svizzero, e un bellissimo bivacco la fa da padrone, il Bivacco Ettore Conti. Siamo contenti di aver raggiunto il passo e poter godere di questo fantastico paesaggio innevato, oltretutto in un tempo relativamente breve. Scattiamo qualche foto e mangiamo qualcosa, non ci soffermiamo molto perché fa freddo e non abbiamo nemmeno un posto per sederci perché la neve ha coperto tutto. Scendiamo scaldati da un bellissimo sole che però ora viene a tratti coperto dalle nuvole, passiamo l’immenso altopiano, e arriviamo al lago Devero che possiamo ammirare dall’alto in tutto il suo splendore, con il sole che lo illumina e lo esalta, cosa che al mattino non accade perché la valle rimane in parte ancora all’ombra. Qui sono doverose le foto, immortaliamo il bel momento con tanti scatti perché il lago e l’ambiente circostante meritano. Poi ci incamminiamo e decidiamo di prendere il sentiero poco più in basso che ci indica il Giro del Lago a destra. Scendiamo con decisione quasi ad altezza lago, e qui iniziamo il nostro giro ad anello: allunghiamo di qualche km il percorso, ma i colori dei larici che costeggiano le riva sono bellissimi, e ci aiutano ad addolcire la fatica che inizia a farsi sentire. Oltrepassiamo il lago, arriviamo alla diga, percorriamo gli ultimi tratti di bosco, e ritorniamo a Crampiolo, dove non possiamo non fermarci a mangiare qualcosa, conquistati dagli odori e dai profumi che la mattina abbiamo potuto assaporare al nostro passaggio. Ci fermiamo all’Agriturismo Alpe Crampiolo dove ci rifocilliamo con un tagliere di formaggi e uno di lardo, noci e miele tutto di loro produzione.

Ora che abbiamo recuperato le energie salutiamo i gentili gestori, tre ragazzi giovani e riprendiamo il cammino. In circa mezz’ora ci riporta alla nostra auto, che raggiungiamo per le ore 17.00 circa.

E’ stata una bellissima esperienza, paesaggi magnifici che scaldano il cuore e rilassano la mente, oltre ad allenare il corpo per via dei km percorsi dovuti uno sviluppo notevole. Grazie ad Alessandra e a Bruno per la bellissima proposta e per l’ottima compagnia

Sono orgogliosa e felice di descrivere questo trekking e spero di riuscire a trasmettere le emozioni che ho provato durante questi tre giorni di cammino, che ho deciso di intraprendere in solitaria.

Si tratta di un percorso ad anello in Valtellina di poco più di 40 km da percorrere nei mesi estivi, che attraversa la Valle del Confinale, la Val Cedec e la Val Zebrù. E’ un itinerario adatto a tutti, fattibile anche in due giorni per i più allenati. Io ho deciso di percorrerlo in 3 giorni, con tappe di 5/6 ore al giorno, per prendermi tutto il tempo di godermi i paesaggi che sono sempre diversi. Dopo aver deciso le date in base ai miei impegni lavorativi prenoto i rifugi, e chiedo conferma sulla situazione dei sentieri. La sera prima preparo lo zaino, scarico la cartina e mi accerto delle condizioni meteo. Lunedì mattina sveglia presto, dopo quasi 3 ore di viaggio arrivo al parcheggio di Niblogo, pago la tariffa alla cassa automatica ( 5.00 al giorno), zaino in spalla, e parto. Sono le ore 10.00. Il parcheggio è abbastanza affollato, per cui non sono sola alla partenza, ma la compagnia dura poco, perchè dopo circa 10 minuti di strada sterrata arriviamo ad un bivio in cui vengono indicati i vari percorsi e io seguo per il Rifugio Forni (m.2178), la mia prima tappa di oggi. Mi ritrovo da sola perchè tutti seguono altri sentieri, e inizio il mio viaggio nel bosco, inizialmente costeggio la valle in falso piano, poi i tornanti iniziano a salire: per arrivare al rifugio Forni passiamo dalle Baite di Cavallaro e dall’Agriturismo Ables, per questo motivo il percorso è su strada larga e agevole, sono 600 m di dislivello fortunatamente all’ombra degli alberi, ma un pò noioso per i miei gusti. Finalmente arriviamo all’agriturismo, e qui la strada diventa un vero e proprio sentiero. Mi fermo intorno alle 13.00 all’ombra di un albero a sgranocchiare qualcosa, e saluto un gruppo di ragazzi che arriva dal Rifugio Forni, e sono le uniche persone che incontro oggi. Salgo ancora un pò, gli alberi si diradano per fare spazio ai prati, e io cammino godendomi un sole caldo mentre osservo il paesaggio intorno a me: attraverso prati, ruscelli, cascate, capre e mucche mi attraversano il sentiero, e mano a mano che cammino giro parte della vallata e inizio a scorgere qualche ghiacciaio che si trova in Val Cedec. Ora sto attraversando la bellissima Valle del Confinale. Trovo un cartello ad un bivio, lo seguo e mi fa scendere verso il Rifugio Forni, che raggiungo per le ore 15.00. Questo Rifugio lo conosco, si trova in una bellissima posizione, ed essendo accessibile da chiunque poichè si arriva con la macchina ha molte più comodità rispetto ad un classico rifugio di montagna. Entro, saluto il gestore e il personale sempre molto accogliente e simpatico, prendo una birra fresca e mi accomodo sul tavolo fuori. Ripercorro la mia giornata e verifico i dati di oggi: ho percorso quasi 17 km e m.1000 di dislivello, non male. Ceno ottimamente per le ore 19.00, e vado a letto per le ore 21.00, un pò stanca ma eccitata per la giornata successiva.

Il giorno successivo sveglia alle ore 6,30, un pò di yoga per iniziare bene la giornata, e poi partenza, oggi mi sento carica di energia. Colazione ricca e abbondante alle ore 7.00 e partenza alle ore 8.00, la prendo con molta calma perchè la tappa di oggi la danno in 5 ore, per di più tutto il giorno ci sarà bel tempo. Destinazione di oggi il Rifugio Quinto Alpini (m.2877). Bene, riempio la mia camel bag alla fontana e parto, mi dirigo inizialmente verso il Rifugio Pizzini per prendere il Passo Zebrù. Oggi lascio la Valle del Confinale, attraverso la Val Cedec, e arrivo nella Val Zebrù, ogni valle con la sua storia e il suo fascino, ma andiamo con ordine. Inizio la mia giornata prendendo il sentiero che mi porta in Val Cedec, che raggiungo in poco tempo. anche qui la strada è larga e agevole, poichè le gip portano le provviste al Rifugio Pizzini, e si occupano di portare i turisti che lo desiderano a visitare questa Valle. L’ambiente che sto attraversando è strepitoso, sto entrando in un anfiteatro di ghiacciai e cime innevate, per la precisione queste cime sono 13, si ammirano bene da questa valle, sono imponenti e maestose, tanto che vengono organizzati trekking che le attraversano tutte.

Dopo circa una mezz’ora di cammino e due persone incontrate, poco prima del Rifugio Pizzini prendo il sentiero a sinistra che indica Rifugio Quinto Alpini, il rifugio che devo raggiungere io. Continuo per questa questa bellissima valle dove ghiacciai imponenti come il Cevedale e il Gran Zebrù la fanno da padrone, anche se rispetto a due anni fa quando ho visitato questa vallata, i ghiacciai si sono ritirati parecchio ed è un vero peccato. Seguo i segni e gli ometti di pietra e inizio a salire, sempre dolcemente fino a raggiungere il Passo Zebru a m.3005 per le ore 10.30. Spettacolare!! Una vista impagabile sulla Val Cedec che ho appena passato e la Val Zebrù che devo percorrere per continuare il giro. Conosco due ragazze austriache molto simpatiche con cui scambio due chiacchiere, e mi faccio scattare una foto. Mangio un dattero e ammiro il panorama che mi circonda, l’immensità di queste valli, che non si può descrivere a parole e nemmeno in foto, e mi reputo fortunata per essere qui ora. Non vorrei scendere, ma il vento che inizia ad essere insistente mi fa desistere.. quindi dopo aver salutato le ragazze inizio la mia discesa in Val Zebrù. Il sentiero è più ripido rispetto a quello che ho percorso per arrivare al Passo, ha qualche lingua di neve che attraverso, e ora inizio ad incontrare qualche gruppo di persone diretto in Val Cedec. Dopo circa un’oretta di discesa, il sentiero inizia ad ammorbidirsi, e davanti a me la sconfinata Val Zebrù mi fa percorrere a mezza costa tutto il versante orientale della valle. Alla mia sinistra vedo finalmente la Cima del Monte Confinale m.3370, e sì perchè noi con questo giro lo stiamo circumnavigando. Continuo a camminare, attraverso il ruscello creato dalle cascate del Ghiacciao della Miniera e mi fermo ad ammirarle e a scattare qualche foto. Passo il ponticello e proseguo il mio cammino che mi piacerebbe non finisca mai, incrocio qualche persona che saluto con cui scambio due chiacchiere sul proseguimento del sentiero o sul percorso che ognuno decide di intraprendere, ed è bellissimo perchè solo da questi scambi arrivano idee per futuri trekking da fare. Alle 12.30 circa dopo l’ennesima salita, uno spettacolo mi si apre davanti: il Rifugio Quinto Alpini, arroccato su un promontorio roccioso, ed è una meraviglia. Da lì sono scesa per un sentiero ghiaioso, poi l’ultimo strappo in salita e raggiungo il Rifugio per le ore 13.30. Vengo accolta calorosamente dai rifugisti, molto ospitali e gentili, che dopo le presentazioni e la birretta di rito mi regalano il gadget del Giro, una bella Bandana del Giro del Confinale. Anche oggi tiro le somme, ho percorso quasi 12 km con poco più di m.1300 di dislivello, non male. Mi viene mostrato il letto dove dormirò, che si trova in una camerata esterna al rifugio, poichè quest’ultimo è molto piccolo, e poi faccio un giretto veloce al punto panoramico proprio sopra al rifugio, dove posso ammirare di nuovo le bellezza di questa Vallata, e riesco a scorgere alla mia destra il ghiacciaio dell’Ortles, che ho salito qualche anno fa. Torno giù, sono passate le 16.00, mi rilasso al sole fuori dal rifugio e chiacchiero con le tante persone che nel frattempo sono arrivate al Quinto Alpini, alcune abitano vicino a me, come Arianna con suo figlio che mi ricorda tanto mio nipote, o Martina, con cui ho scoperto di avere amicizie in comune. Incredibile e bellissimo tutto questo. Ottima cena per le ore 19.00, poi ancora due chiacchiere e intorno alle 10.30 andiamo a dormire. Proprio a quell’ora ora inizia a piovere, e questa pioggia va avanti tutta la notte, tanta acqua e vento per diverse ore, che fino al mattino si scaglia sul rifugio.

Alle ore 7.00 quando ci alziamo sembra che ci sia una tregua, ma pochi minuti più tardi inizia a grandinare, e che grandine! Va avanti per circa 10 munti in modo violento, dopo circa una mezz’ora smette anche di piovere, e noi usciamo e andiamo verso il Rifugio, ed ecco la sorpresa che mi allieta la giornata: un cucciolo di volpe accoccolato sul davanzale della finestra della cucina, che ci guarda indifeso e con gli occhi piccoli. Poverino era fradicio, probabilmente ha preso anche la grandine ed è andato a ripararsi in un posto che gli è familiare: sì perchè la mascotte del Rifugio Quinto Alpini è proprio la volpe, e io che mi chiedevo il perchè, ora l’ho capito. Dopo qualche foto e qualche parolina dolce entriamo in rifugio a fare colazione, e purtroppo ricomincia a piovere. Quindi ci rassegnamo a rimanere al riparo finchè la pioggia cessa, ma appena arriva una tregua dopo le ore 9.30 io mi copro per bene e parto, saluto tutti con un arrivederci e mi avventuro giù per la Val Zebrù, speranzosa nel fatto che smetterà di piovere, e così è stato, dopo un’oretta il cielo si completamente aperto, io mi sono spogliata di tutti i mei abiti pesanti e ho proseguito la mia discesa. Ho passato le Baite del Pastore e il Rifugio Campo, e qui mi sono resa conto del disastro che c’è stato durante la notte provocato dalle violenti piogge: il percorso era interrotto in più parti da piccole frane e diversi ponti sono stati portati via dal fiume, quindi mi sono ritrovata e percorrere un sentiero che doveva essere semplice con un certo spirito di avventura, passando frane e guadando diversi fiumi e anche torrenti che si sono formati durante la notte. Sono riuscita non senza un pò di ansia a passare la zona colpita, ho raggiunto e passato il Ristoro Zebrù, e sono arrivata al cartello che ho incontrato all’andata, lo stesso cartello che ho preso il primo giorno nel senso opposto, per intraprendere il giro ad anello. E qui un vero senso di malinconia mi ha pervaso, perchè mi sono resa conto di avere concluso la mia avventura. Sono stati solo tre giorni, ma tre giorni intensi, in cui ho avuto modo di godere appieno di tutte le emozioni provate ogni volta che ammiravo un paesaggio nuovo, una vallata diversa, che incontravo nuove persone con cui ho avuto modo di confrontarmi.

Ho proseguito altri 10 minuti e per le ore 13.30 sono arrivata al parcheggio di Niblogo dove ho lasciato la mia auto. E anche oggi ho controllato i dati della mia giornata: ho percorso 13 km con un dislivello di m. 113 in salita e m. 1400 in discesa.

Ringrazio tanto le belle persone incontrate nei rifugi, i rifugisti sempre super accoglienti, e ringrazio me stessa, per aver portato a termine il mio primo viaggio in solitaria, su un percorso che è comunque ben segnato e tranquillo, che però mi ha messo alla prova, e ho la sensazione che non sarà l’ultimo, ma il primo di tanti altri.

 

Giornata favolosa in quel di Roncobello, in provincia di Bergamo.

E’ la prima volta che provo l’ebrezza di un canale di misto neve, roccia e ghiaccio, per di più il giorno del mio compleanno che cade proprio oggi 8 aprile! Gran bel regalo di compleanno, insieme ad Alessandra che li ha computi ieri, il 7 aprile.

Ci troviamo molto presto, io e Gabriele, insieme ad Alessandra e Luca.

Alle ore 6.15 parcheggiamo la nostra auto a Roncobello (Bg), ci attrezziamo, zaino in spalla, e partiamo. Il sentiero parte nel bosco, è molto freddo ma la giornata è limpida e promette bene. Dopo il primo tratto segnato arriviamo alla Baita dello Zoppo, e qui Alessandra con il suo senso dell’orientamento ci fa lasciare il sentiero (un vecchio sentiero poco usato e ormai abbandonato) e ci conduce nel bosco dove, dritti per dritti, sbuchiamo fuori all’inizio della lunga valle, e in circa 2 ore siamo in un fantastico anfiteatro alla base del canale che percorreremo a breve. Che freddo! Ci prepariamo con imbrago, casco, e corda pronta nello zaino in caso di necessità, e partiamo. Davanti Gabriele, poi Ale, io e Luca, entusiasti per la partenza che ha il suo perchè, all’interno di un vero e proprio Canyon, con una pendenza da non sottovalutare e una consistenza perfetta della neve. Contenti continuiamo la nostra progressione che va alla grande, unica nota dolente le raffiche di pallottole di neve che ogni tanto arrivano dalle persone che abbiamo davanti a noi, da cui io ne esco con due bei bozzi sulla gamba. E’ un bel canale di misto in alcuni tratti, che non sale dritto solamente, ma si snoda tra le rocce, impenna e poi si ammorbidisce, non è mai monotono. Per arrivare in cima abbiamo due o tre passaggi un pò tecnici che affrontiamo senza problemi, io guidata da Alessandra nei tratti più impegnativi ho provato una bella adrenalina mista a soddisfazione. Dopo circa un’ora e mezza arriviamo quasi alla fine, Gabriele sale fino alla cornice di neve che ci separa dalla cima, ma decide di non proseguire da lì ma prendere una via diretta che sbuca proprio sotto la croce: una bella parete con pendenza 60 gradi, ma gradinata e con neve in ottime condizioni. E finalmente per le ore 10.30 siamo in cima!! Dopo circa 300 mt circa di canale raggiungiamo la bella croce, insieme ad altri alpinisti tutti felici e sorridenti. Ci complimentiamo tra noi, scattiamo diverse foto, osserviamo il panorama, e mangiamo qualcosa commentando la nostra salita. Per il ritorno scendiamo dalla parte opposta che è senza neve perchè esposta a sud, quindi togliamo i ramponi, prendiamo la cresta inizialmente un pò sdrucciolevole, che dopo poco si ammorbidisce e si ricongiunge poi alla valle che abbiamo percorso all’andata, quindi calziamo di nuovo i ramponi e scendiamo. Arriviamo ad un primo tratto nel bosco e poi ci ricongiungiamo al sentiero che abbiamo fatto all’andata, raggiungiamo la Baia dello Zoppo e in circa mezz’ora arriviamo alla nostra auto.

Che giornata! Non potevo chiedere un modo migliore per festeggiare il mio compleanno che una giornata in montagna con gli amici a fare quello che è la mia passione, uscendo dalla mia zona di comfort e godendo della sensazione che questi attimi di adrenalina pura ti regalano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi siamo qui  a raccontare una bellissima giornata in quel della Val di Scalve

Io e Alessandra ci consultiamo la sera prima e optiamo per la sua proposta che come sempre non delude mai: andremo in Val di Scalve, dove raggiungeremo la Cima Baione risalendo il Canale Nord-Ovest, detto anche “Canale Nascosto”, chiamato così perché finchè non si arriva alla base del canale rimane nascosto. Con gli amici Angelo e Gabriele partiamo alle ore 4.30 da Caslino, raggiungiamo Alessandra a Bergamo e continuiamo per Schilpario, superiamo il paese e parcheggiamo la nostra auto prima del Passo del Vivione. Sono le ore 7.00 . Zaino in spalla, racchette alla mano e partiamo a camminare. Fa freddo ma non freddissimo. Raggiungiamo in circa 30 minuti il Rifugio Cimon della Bagozza, dove ci fermeremo al ritorno per un meritato pranzetto. Continuiamo il sentiero verso il Passo Campelli, di lì a poco usciamo dal bosco, e si apre una visuale mozzafiato davanti ai nostri occhi: diverse cime innevate a formare un’anfiteatro fantastico, ora capiamo perché queste montagne sono chiamate le “Piccole Dolomiti” della Val di Scalve.  Continuiamo insieme a diverse compagnie di ragazzi che incontriamo durante il percorso. Loro arrivati all’altezza dei cartelli deviano tutti a destra per la Cima della Bagozza. Rimaniamo noi quattro che continuiamo a camminare con Alessandra che ci guida fino ad intercettare il canale da risalire… qui vediamo uno scialpinista che è ben più avanti di noi, e non è male perché ci sta tracciando il percorso, che altrimenti avremmo dovuto battere noi.

Qui facciamo una piccola sosta, calziamo i ramponi e ripartiamo, decidiamo di prendere in mano le picche più avanti.

Facciamo un piccolo traverso, e poi iniziamo a prendere quota con un percorso a zig zag. Notiamo che la neve è in buone condizioni, e grazie anche al percorso già tracciato in poco tempo arriviamo alla base del canale, a sinistra del vallone appena risalito, che ora non è più nascosto ai nostri occhi. Ci fermiamo, mettiamo via i bastoncini, prendiamo in mano la picca, e iniziamo a fare sul serio. Inizialmente il canale è largo, e ha una pendenza non esagerata. Continuiamo fino ad uscire sulla forcella a nord della Cima di Baione, qui risaliamo in obliquo sulla sinistra con una pendenza che va ad aumentare, e conduce al canalino est della Cima di Baione. Lo passiamo, progrediamo sull’ultimo tratto in cui riaffiorano porzioni di roccia non completamente coperte dalla neve, e arriviamo alla fine del canale. Qui una comoda forcella ci dà modo di ammirare il paesaggio che si presenta davanti ai nostri occhi: la Val Camonica completamente imbiancata, con il suo massiccio della Concarena e la Cima Bacchetta. Ma non siamo arrivati, la Cima Baione è alla nostra sinistra, la raggiungiamo dopo aver risalito con attenzione un pendio un pò ripido di erba e roccette in circa 10 minuti di cammino. E finalmente arriviamo in cima!! Sono le ore 11.00. Troviamo lo scialpinista che è lì ad aspettarci, lo salutiamo e lo ringraziamo per avere tracciato il percorso. Che spettacolo il panorama!! Ci congratuliamo tra noi, scattiamo tante foto immortalando il momento, e ci sediamo a mangiare qualcosa e a goderci la meritata cima. Siamo felici, osserviamo intorno a noi lo scenario che ci circonda, persino il ghiacciaio dell’Adamello si fa vedere in tutta la sua fierezza. Commentiamo la salita, ci scattiamo ancora diverse foto tutti insieme, e poi decidiamo di scendere. Ripercorriamo in discesa il pendio erboso, e arriviamo alla forcella, dove optiamo per usare la corda così da evitare il primo tratto non molto simpatico di neve e roccia. Alessandra trova un bel sasso dove ancorare un cordino che poi abbandoneremo, dove facciamo passare la corda che a turno utilizziamo per scendere giusto quei 10 metri che ci interessano. Fatto questo, percorriamo un’ultimo tratto con la pendenza un pò più importante, il canalino est, dopodichè la parte più difficile è passata… ora con calma arriviamo alla base del Canale Nascosto appena percorso, e di nuovo ripercorriamo la parte iniziale del percorso a zig zag, con lo spettacolo delle cime dolomitiche alle nostre spalle. Arrivati in basso ci togliamo i ramponi, mettiamo via le picche, e ci dirigiamo verso il Rifugio Cimon della Bagozza, dove Silvio, il gestore che conosce bene Alessandra, ci delizia con un fantastico piatto di polenta e cotechino da leccarsi i baffi!

Un’altra bellissima avventura si è conclusa, arricchendoci di tutto ciò che il corpo e lo spirito hanno bisogno: autostima, coraggio e bisogno di uscire dalla zona di comfort.

Sole, neve, picca e ramponi, Orobie, Alessandra. Ci siamo. Queste sono le giornate che mi piacciono.

Ci sentiamo come sempre la sera per il giorno dopo, lei mi propone questo bel canale di neve, semplice ma molto remunerativo, che porta ad una cima non molto frequentata, il Pizzo di Giacomo. E’ un pò indubbia la conquista della cima perchè non si conoscono le condizioni della neve e il tempo è incerto per via del vento, ma noi decidiamo ugualmente per questa destinazione, mal che vada ci saremmo consolati con un piatto di pizzoccheri al Rifugio Benigni lì vicino.

Partenza ore 8.00 circa da Cusio, primo tratto nel bosco, sentiero a tornanti in continua salita, finchè dopo circa un’oretta iniziamo a calpestare la neve, e di lì a poco una bellissima vista si apre dinanzi a noi: un anfiteatro innevato, con la Cima Piazzotti davanti ai nostri occhi, il Rifugio Benigni alla nostra destra, che però non vediamo per via dell’altezza, e il Pizzo di Giacomo alla nostra sinistra, la nostra meta. Bene, ci stiamo già lustrando gli occhi. Per di più sole in quell’ambiente fantastico, non ci sembra vero. Arriviamo quasi alla base del canale e ci equipaggiamo: calziamo i ramponi, tiriamo fuori le picche e mettiamo via i bastoncini, decidiamo di non indossare il casco per il momento, e partiamo. La neve tiene, arriviamo sotto e iniziamo a salire. Il canale inizia morbido e dopo la metà inizia a divenire più ripido ma nemmeno eccessivamente. Il vento non c’è per ora, e la nostra salita progredisce senza alcuna difficoltà data la consistenza quasi perfetta della neve. Alessandra sempre in testa che traccia, io dietro che ogni 3 metri mi fermo per immortalare qualsiasi cosa intorno a me, finchè senza accorgerci arriviamo nell’ultimo tratto che con qualche roccetta ci divide dalla cima; le superiamo e qui il panorama che si apre davanti ai nostri occhi è spettacolare: i monti orobici tutti intorno a noi, davanti ai nostri occhi in fondo il Gruppo delle Grigne, si intravede anche il Resegone, e persino le cime della Valmasino alle nostre spalle. Alle ore 10.30 circa siamo in cima! Un turbinio di emozioni ci pervade, ci sentiamo piccole piccole davanti a questa immensità, non abbiamo parole ma il nostro sguardo felice dice tutto… troviamo anche una bella croce in ferro battuto che incornicia questa vetta poco conosciuta che nulla ha da invidiare ad altre cime più importanti. Ci godiamo il momento, ci abbassiamo un pò rispetto alla croce perchè ogni tanto arriva qualche piccola raffica di vento, e ci sediamo mangiando qualcosa e osservando il mondo intorno a noi. Il sole caldo ci suggerisce di non farsi prendere dalla fretta come al solito, e noi lo ascoltiamo…è ancora presto e ci possiamo permettere qualche altro sorso di thè, osservando le montagne che ci circondano ricordando qualche salita e progettandone altre interessanti.. Il tempo passa, sono le ore 11.00 circa e decidiamo di scendere, più che altro perchè la discesa avviene dallo stesso canale di salita, ed è meglio che non arrivi il sole a scaldarlo per renderla più faticosa. Salutiamo un ragazzo che arriva proprio ora in cima, anche lui stupido da tanta bellezza, e scendiamo. Con tranquillità e attenzione ripercorriamo il canale, e in poco tempo arriviamo alla base. Qui ci guardiamo intorno, sempre e solo noi, ora guardandoci indietro vediamo anche il ragazzo che ha già iniziato la discesa dal canale. Non possiamo non fermarci un’istante, così troviamo due porzioni di sasso che spuntano fuori dal manto nevose, e ne approfittiamo per goderci ancora questo caldo sole in questa bellissima giornata frizzantina di fine febbraio. Non so cosa ci succede perchè non siamo solite a queste pause rilassanti, ma oggi tutto ci dice che è la giornata giusta per approfittarne, e così facciamo. E’ ormai passato mezzodì, e dopo questo momento catartico decidiamo che è giunto il momento di rientrare. E così mettiamo via le picche, tiriamo fuori i bastoncini, iniziamo a scendere e di lì a poco togliamo anche i ramponi. Alle ore 14.00 circa arriviamo alla nostra auto, soddisfatte per la nostra giornatina orobica non troppo faticosa ma molto appagante.

Grazie alla mia amica Alessandra che mi sta portando a scoprire un mondo che mi piace sempre di più

Arrivederci alla prossima avventura

Che bella questa giornata con la mia amica Alessandra nelle fantastiche Orobie Bergamasche!

Lei è di Roncobello, uno spirito libero con una grande passione per la montagna che ci accomuna, in particolare per l’ambiente innevato. E’ esperta di tutto ciò che riguarda neve e ghiaccio, a me attira parecchio questo ambiente non so spiegarne motivo, forse perché con la neve il paesaggio cambia, ed è tutto più affasciante e misterioso. Lei con mio grande piacere asseconda la mia voglia di scoprire questi luoghi magici e di mettermi alla prova.

Oggi 4 febbraio decide di portarmi nelle sue zone, per raggiungere la Cima Papa Giovanni Paolo II M.2230, modesta cima a est del Passo Laghi Gemelli, in Valcanale. Per arrivare a questa cima bisogna percorrere diversi tratti in salita, alternati a tratti in traverso e poi ancora in salita. Ma è un punto di domanda l’arrivo, perché la neve non è in condizioni: colpa delle temperature troppo alte per il periodo, la neve non si è trasformata ed è rimasta farinosa, quindi la nostra intenzione è di partire e mano a mano che andiamo avanti vedere le condizioni del manto nevoso per decidere se proseguire o meno.

Partiamo da Capovalle m.1009 dove parcheggiamo la nostra auto, raggiungiamo i Piani di Mezzeno, e qui calziamo le ciaspole per raggiungere il Passo della Marogella m.1873, indispensabili ora perché la neve ventata ci fa sprofondare; durante la salita cerchiamo di seguire la battuta degli scialpinisti che hanno lasciato la loro traccia, e chiacchierando non ci facciamo scoraggiare, ma è stato davvero faticoso arrivare al passo.

E meno male che siamo arrivate! Qui si è aperta una vista spettacolare, con la Valcanale davanti a noi, il Pizzo Arera, la Cima Corna Piana, e diverse cime innevate che ci hanno permesso di lustrarci gli occhi. Togliamo le ciaspole e ci dirigiamo a sinistra su un promontorio, che facciamo senza ramponi perché il fondo è praticamente senza neve.. li calziamo di lì a breve visto che la neve aumenta, ma purtroppo è anche in pessime condizioni. Fortunatamente dopo alcuni tratti sfondosi la neve sembra che diventi un po’ più accettabile…ma va a momenti. Noi non demordiamo e proseguiamo, raggiungiamo un bel pianoro, poi un traverso non difficoltoso ma da fare con attenzione, e qui incrociamo quattro persone che arrivano proprio dalla Cima Papa Giovanni, allora gli chiediamo qualche informazione a riguardo, come la presenza di vento, perché oggi le previsioni ne danno parecchio in rialzo dal pomeriggio…loro ci dicono che ci sono raffiche a tratti, niente di tragico…questo ci rassicura e noi proseguiamo.

Fantastico! Questo ambiente è spettacolare, sembra di essere in una favola: tutto imbiancato, il cielo limpido e azzurro, e il clima piacevole. Ci fermiamo a sgranocchiare qualcosa, ci godiamo il sole che ci scalda e il silenzio intorno a noi…in giro non c’è nessuno, se non qualche scialpinista che si gode la sua discesa… proseguiamo. Eccoci quasi giunti alla nostra meta: siamo partiti alle ore 8.00, sono le 11.30 e per mezzodì dovremmo essere in cima. L’ultima crestina che affrontiamo ci sembra particolarmente dura, forse perché il percorso fatto per arrivare fino a qui è stato un po’ faticoso per via della neve, Alessandra la paragona scherzosamente all’ Illary Step (l’ultimo tratto impegnativo per raggiungere la vetta dell’Everest).

Qui iniziano le prime raffiche di vento, ma noi non demordiamo, e per mezzogiorno siamo in cima!! Fantastico.

Ci congratuliamo tra noi e ammiriamo il panorama a 360°, con dinanzi i Laghi Gemelli completamente imbiancati. Solo noi in cima, e uno scialpinista che scenderà a breve, non prima di averci scattato la foto di vetta.

Tutto fantastico e perfetto se non fosse per le raffiche di vento che ogni tanto arrivavano…sì ma che raffiche!! Io che dovevo quasi aggrapparmi alla croce, Alessandra che è scesa un pochino rispetto alla cima, finchè ci siamo arrese e dopo qualche scatto abbiamo deciso di abbassarci per mangiare qualcosa e bere un thè caldo.

Dopo diversi scatti a malincuore salutiamo la cima, salutiamo i Laghi Gemelli, e scendiamo.

Dopo aver mangiato qualcosa riprendiamo la discesa, ammirando i panorami e le cime innevate della cui vista non saremo mai sazi, dispiaciuti perché non vorremmo lasciare questo ambiante magico.

Arriviamo al Passo della Marogella, togliamo i ramponi e calziamo di nuovo le ciaspole, e ci accingiamo a scendere per raggiungere i Piani di Mezzeno. Raggiunti i piani togliamo anche le ciaspole, le leghiamo allo zaino e riprendiamo il cammino verso la nostra auto, felici per aver portato a casa una cima importante ed esserci divertite insieme.

Grazie Alessandra per farmi scoprire tanti nuovi luoghi, la montagna è sempre una nuova ed entusiasmante scoperta che se condivisa è ancora più bella.

Siamo sul finire di queste ferie 2022 e la voglia di salire un 3000 è tanta così dopo una attenta valutazione decidiamo per una cima già addocchiata in passato, il Monte Emilius che dai suoi m.3599 domina la valle di Cogne e la città di Aosta. Partiamo in auto per raggiungere la Valle d’Aosta per poi salire fino a Pila, da qui dopo aver parcheggiato l’auto iniziamo il nostro cammino… il tempo non è dei migliori, le molte nuvole, alcune grigie, ricoprono tutto il cielo, ma domani danno bello, così proseguiamo da prima per strada con qualche taglio poi una volta giunti all’arrivo della seggiovia_______ m.2314in circa un’ora, seguiamo le indicazioni per il Rifugio Arbolle seguendo il sentiero 22C, passano circa 15 minuti e giungiamo al Lago Chamolè m.2329. E’ molto evidente quanto la siccità di questa estate abbia abbassato il livello di questo bel laghetto molto frequentato. Continuiamo ora a salire per sentiero fino al Colle Chamolè dove con sorpresa scorgiamo il rifugio giù in basso nella conca dove si trova il lago e l’Alpeggio Arbolle, così con attenzione scendiamo per questo sentiero con il pensiero rivolto a domani sapendo di dover affrontare ancora questo tratto però in salita.  Ore 16.45 siamo al Rifugio Arbolle m.2507, passiamo la serata nella grande sala in compagnia di altre persone attendendo l’ora di cena, dopodichè andiamo a dormire visto che domani ci aspetta una bella salita. Ore 6.00 siamo pronti per la nostra salita, seguendo le indicazioni per la vetta, ci incamminiamo alle prime luci dell’alba di questa domenica 20 agosto; il cielo è limpido e la temperatura frizzante. Camminiamo soli su sentiero e pietraie in un anfiteatro naturale che incute alquanto timore. Raggiungiamo il lago gelato, poi ad un bivio seguiamo il sentiero n.14 che porta al Colle dei Tre Cappuccini m.3241, riconoscibile per le tre rocce che da lontano assomigliano appunto a tre frati cappuccini. Seguiamo i segni gialli e in 2 ore e 30 dal rifugio siamo al Colle! Finalmente siamo al sole, e da qui la vista si apre ad altri scenari mozzafiato. Ora puntiamo a sinistra seguendo la cresta data I° grado, facile +. Con molta attenzione e in meno di un’ora siamo in vetta! Che gioia!! Però il panorama è coperto dalle nubi sopraggiunte qualche minuto prima nel nostro arrivo. Ma va benissimo così, cima raggiunta con tanta soddisfazione! Sulla vetta troviamo una piccola croce in ferro e una Madonnina alle quali non facciamo foto per via di una bandiera che sventola dando un senso politico che a noi non piace ad una cima… le cime sono di tutti e non ci sembra corretto. Nel frattempo il cielo si è un pò aperto, scattiamo qualche foto al panorama e poi ripartiamo. Riprendiamo la discesa dalla cresta e per le ore 10.30 siamo di nuovo al Colle dei Tre Cappuccini. Un ultimo sguardo alla cresta, poi giù per rocce fino al sentiero che in circa 1 ora e 30 dal Colle ci porta al Rifugio. Che viaggio! Bellissima escursione, ora ci fermiamo pranzando al rifugio con un’ottima carbonada , polenta e birra a sigillo di questa cima. Ma non è finita… Ci aspetta la “temutissima” salita al Col di Chamolè. Alle ore 13.00 dopo qualche minuto dal rifugio iniziamo la salita. Venti minuti di “sofferenza” , ora si scende fino al lago Chamolè dove troviamo molte persone. Camminiamo fino all’arrivo della seggiovia e ci regaliamo l’ultima sosta prima di scendere alla macchina. Bel week end in questa splendida regione quale la Valle d’Aosta che non delude mai. Una splendida cima che dai suoi m.3559 domina la valle di Cogne e regala un panorama unico, oltre alla sua salita non banale e altrettanto lunga ma di notevole soddisfazione. Per noi un fantastico 3000 che va a chiudere le nostre ferie dell’anno 2022, confidando di riuscire ad accorpare all’Emilius un altro 3000 prima della fine della stagione… stay tuned!

La settimana è passata veloce e ora che ci troviamo in Majella tenteremo la salita alla seconda cima dell’Abruzzo ossia il Monte Amaro che dai suoi m.2793 domina tutto il Parco Nazionale della Majella, il secondo massiccio montuoso più alto degli appennini continentali dopo il Gran Sasso. Di base a Lettomanopello detta anche “città della pietra” per le tradizionali attività di lavorazione della pietra della Maiella nello splendido appartamento “Il Portico degli Amori”, dopo alcuni giorni passati girovagando qua e la, nell’ultimo giorno utile ci prepariamo e ancora nel cuore della notte partiamo per raggiungere il Rifugio Bruno Pomilio a quota 1888 metri situato sulla cresta della Maielletta. Ore 5.30 siamo arrivati al rifugio: con sorpresa troviamo un clima non proprio piacevole: buio, nebbia e freddo! Così decidiamo di aspettare ancora un attimo prima di avventurarci subito a camminare, attendiamo in macchina il momento propizio. Ore 6.00, si parte! Sette gradi la temperatura, nebbia e vento, anziché il sentiero, seguiamo la strada asfaltata onde evitare di sbagliare e una volta giunti al piazzale del Blockhaus seguiamo la strada in cemento poi andiamo a destra per traccia ben segnata grazie alla corsa che si svolge proprio oggi. Un’ora e mezza di cammino, prima su strada poi per sentiero con nebbia e nuvole basse che non ci fanno  capire  bene dove ci troviamo e la conformazione del territorio, ma non molliamo, una volta nei pressi di un fontanino iniziamo a salire ripidi fino ad un piano dove a pochi metri sorge il Bivacco Fusco. Sono le ore 8.10, breve sosta ammirando lo spettacolo che ci si palesa davanti a noi grazie alle nuvole che si sono diradate. Oggi si corre la “Monte Amaro Skyrace” e qui troviamo due collaboratrici con le quali scambiammo due chiacchere… ma bando a le ciance, l’escursione di oggi è lunga così si riprende il cammino, ora su crinale detritico saliamo e dopo un numeroso gruppo di camosci giungiamo  alla vetta del Monte Focalone m.2676: fantastico! Salutiamo un altro collaboratore della gara che in compagnia del suo cane al riparo dal vento dietro il cumulo di pietre aspetta i concorrenti…  proseguiamo ora scendendo ripidi su pietraia attraverso nuvole e vento che ancora non ci lasciano chiara la vista per la vetta… una volta giunti al Primo Portone, l’ambiente ci cattura totalmente e sotto un vento fresco proseguiamo fino al Secondo Portone e in compagnia dei camosci nella valle alla nostra sinistra, arriviamo al Terzo Portone.  Ora il tratto più ripido nei pressi della Grotta dei Tre Portoni o Abisso De Gasperi. Lo risaliamo e raggiungiamo un pianoro erboso dove ci fermiamo per un breve spuntino chiacchierando con un ragazzo con un altro collaboratore della gara e con due speleologi intenti a scaricare materiale con l’elicottero. Nel frattempo con sorpresa arriva il primo concorrente,  aspettiamo il suo passaggio incitandolo,  poi riprendiamo il cammino… seguiamo il pianoro erboso fino al suo culmine poi giù in un altro pianoro e in fine l’ultimo strappo, il più duro: sotto un vento forte con le nuvole che ci passano davanti velocemente nel mentre passano i vari runners, così senza mollare finalmente raggiungiamo la vetta! Ore 10.40! Ci congratuliamo e dopo alcune foto veloci in compagnia degli organizzatori molto gentili e disponibili ci ripariamo nel particolare bivacco Pelino. Ci sono già altre persone al suo interno e dopo aver trovato una spazio su di un letto, pranziamo leggendo le varie dediche scritte sulle pareti di questa struttura tenuta un po’ maluccio… peccato! Dieci minuti di pausa poi lasciamo il posto ai prossimi e torniamo in vetta per ammirare per l’ultima volta il panorama. Salutiamo e ci incamminiamo per il lungo rientro per lo stesso itinerario della salita. Un bel viaggio di ritorno incontrando tante persone con cui abbiamo scambiato due chiacchiere, soprattutto con gli organizzatori della gara molto disponibili e gentili come del resto tutti gli abruzzesi incontrati in queste nostre vacanze… Un breve passaggio al Bivacco Fusco poi giù “veloci” fino al Rifugio Pomilio dove finalmente o ahimè finisce la nostra escursione e con essa le nostre vacanze. A sigillo: non ci lasciamo scappare un aperitivo con arrosticini e birra in un bel clima di festa per via della gara ormai conclusa. Una bellissima escursione, dal fascino che lascia il segno da non sottovalutare però per lo sviluppo di notevole impegno fisico. Lasciamo così l’Abruzzo molto colpiti da questa regione che ha tanto ancora da offrire e dove sicuramente torneremo per scorrazzare nei suoi borghi e per scoprire nuove avventure in the mountains

Continuiamo le nostre vacanze estive 2022 in Abruzzo e dribblando il tempo cerchiamo di vivere il più possibile questa regione che tanto offre al turismo come piace a noi tra camminate,  montagna, mare e visite a nuovi luoghi con la loro storia e con i loro piatti e vini tipici. Proprio oggi cerchiamo di unire un pò tutto ciò in un’escursione facile adatta a tutti e come meta la visita di una rocca simbolo dell’Abruzzo con pranzo tipico in un borgo medievale. Così oggi 11 agosto arriviamo al Borgo di Santo Stefano di Sessanio, dove spicca la torre medicea, in provincia dell’Aquila, compresa all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga costituendo una delle porte di accesso nella sua parte meridionale. Seguiamo le indicazioni per la Madonna del Lago e parcheggiamo nei pressi del laghetto m.1220. Ore 8.45 circa ci incamminiamo, prima su strada asfaltata e dopo pochi metri troviamo le indicazioni e per sentiero ci incamminiamo verso Rocca Calascio… non fa caldissimo, il cielo molto nuvoloso e in questo clima incerto proseguiamo… saliamo poi scendiamo e dopo aver attraversato una strada asfaltata, proseguiamo per un bel sentiero tranquillo con un’unica salita “importante” immersa nei pascoli e prati che in breve, sfiorando la cima del Monte Croce ci porta alla vista della Rocca. Ancora pochi passi e arriviamo alla chiesa di Santa Maria della Pietà m.1416 in poco più di un’ora, solo noi in giro a fotografare questo luogo e una volta ai piedi della Rocca restiamo affasciati da questo ambiente suggestivo: imponente con le sue torri agli angoli e una quadrata al centro eretta su di un promontorio a dominare i pascoli attorno. Con un’offerta libera entriamo a visitarla, saliamo nella torre centrale fino alla terrazza immaginando la storia di chi ci viveva. Le foto si sprecano e nel frattempo il cielo che si è liberato dalle nuvole, illumina le mura ripide e slanciate al cielo e quel che resta del borgo, ancora un ultimo sguardo e poi rientriamo per il sentiero di andata, ma questa volta passiamo sulla vetta del Monte Croce m.1458. Quì troviamo una croce in ferro dall’aspetto molto vecchio. Proseguiamo per la collina seguendo una labile traccia fino a intercettare il sentiero di salita. Continuiamo con tranquillità e una volta al lago proseguiamo fino  alla Chiesa della Madonna del Lago danneggiata dal terremoto del 2009. Torniamo alla macchina per le ore 12.15, ci cambiamo e saliamo a Santo Stefano di Sessanio, che fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia. E’ davvero incantevole, lo visitiamo e ci fermiamo a pranzo gustando le specialità locali in un piccolo ristorantino. Bel giretto non impegnativo e adatto a tutti, un modo diverso per visitare la Rocca passeggiando e ammirando questo luogo dalle mille sfaccettature.

 

Finalmente si parte per le nostre vacanze estive 2022. La meta di quest’anno è l’Abruzzo con l’obiettivo di salire il Gran Sasso d’Italia. La settimana non si prospetta ottima per quanto riguarda il meteo e dopo qualche giorno di attesa, decidiamo di intraprendere la nostra escursione, partendo all’alba per scongiurare nuvole e temporali pomeridiani. Partiti da Colledara dove abbiamo la base per i nostri primi 3 giorni nel bellissimo appartamento “Gran Sasso White“, dove l’amico Paolone ci ha intrattenuto con il suo sapere su questa terra. Giungiamo a Campo Imperatore m.2135  per le ore 5.45 e una volta al parcheggio iniziamo la nostra salita: il cielo sembra sereno, qualche nuvola all’orizzonte dove il sole inizia a colorare questo posto magico… fa freddo, il termometro segna 9° e noi ben coperti ci incamminiamo per il largo sentiero che porta al rifugio Duca degli Abruzzi, poco dopo al bivio segnato, prendiamo per la Sella di Monte Aquila e nel mentre,  ammiriamo lo spettacolo che la natura ci regala. Proseguiamo e in circa 30 minuti siamo alla Sella di Monte Aquila m.2335. Il Gran Sasso è lì dinanzi a noi, con la sua imponente mole. Seguiamo ora il sentiero 103 che porta alla Sella del Brecciaio, le nebbie del mattino corrono nelle vallate circostanti, sono le ore 7.10 siamo alla Sella del Brecciaio a quota m.2506… Il panorama ci regala una vista senza parole con il sole che illumina l’affascinante cima del Monte Intermesoli. Saliamo ancora un pò fino alla Conca degli Invalidi… ora ci troviamo sul versante opposto con a destra la cresta Ovest, su pietraia risaliamo il pendio con una lunga diagonale, al bivio teniamo la destra e salendo ancora incontriamo una coppia che come noi ha scelto di salire di buon ora, con attenzione risaliamo il ripido pendio tra facili roccette e sentiero. L’ambiente è affascinante, montagna pura. Ore 8.00 siamo sulla dorsale nord ovest del Corno Grande insieme alla coppia incontrata prima. Il panorama è unico: l’ormai scomparso “ghiacciaio” del Calderone dell’omonima conca con la vetta dinanzi a noi ben illuminata dal sole. Il cielo azzurro, la roccia bagnata dalla pioggia di ieri, e due coppie che insieme su facili roccette arrivano con attenzione in vetta a questo massiccio dal fascino unico. Che emozione! Siamo sulla vetta del Gran Sasso d’Italia a quota m.2912, felici di noi ci congratuliamo e godiamo di questa vista che non ha eguali. Da qui si vede tutta la bellezza di questa regione con le sue montagne, le valli con i pascoli e i campi coltivati, i paesini arroccati, e là giù in fondo Pescara con il mare a completare un panorama che, per chi ha la possibilità non può lasciarsi scappare. Il tempo passa, le foto si sprecano e dopo due chiacchiere con tre ragazzi saliti dalla direttissima, iniziamo la discesa. Come per la salita, in circa due ore dalla vetta con calma giungiamo alla Sella di Monte Aquila, salutiamo la coppia che rientra a Campo Imperatore e noi invece proseguiamo in direzione Rifugio Duca degli Abruzzi. Seguendo la cresta saliamo sulla prima cima dove sostiamo qualche minuto, giusto il tempo di un panino poi proseguiamo per l’altra cima dove troviamo una targa che recita: “Picco Confalonieri 2422 s.l.m.. Qui sostò l’arcivescovo dell’Aquila Carlo Confalonieri Defensor Civitas Durante gli anni bui della guerra. 5 agosto 1941 – 5 agosto 2019”. Sono le ore 11.20 e siamo arrivati al Rifugio. dove troviamo tante persone salite fin qui per godere della vista e del clima fresco che a 2388 metri ci sta! Con una bella sosta in relax brindiamo alla nostra conquista con una birra fresca sotto un caldo sole che non dispiace. Per le ore 12.45 siamo alla macchina ma prima di andare via da qui facciamo un giro per vedere da vicino questo luogo che a vissuto una pagina storica del nostro paese. Rientriamo a Colledara dove ci aspetta l’amico Paolone a cui raccontiamo la nostra salita dinazi a un buon caffè.

Oggi torniamo “In the mountains”, dopo poco più di due mesi di stop dovuti ad un intervento al menisco che proprio oggi testiamo con un’escursione non particolarmente impegnativa dove per l’occasione chiediamo al nipote se si vuole unire a noi; così dopo l’entusiasmo  di Alessandro riscontrato sulla proposta di passare la notte in rifugio decidiamo di andare al Rifugio Ludwigsburg al Barbellino, un rifugio alpino in alta Val Seriana nel comune di Valbondione ad una quota di m.2131. Iniziamo il nostro cammino da Valbondione per poi risalire il sentiero che passando da Maslana ci porta al Rifugio Curò, a quota m.1915. E’ domenica 31 luglio, sono le ore 11.45, il caldo imperversa e con calma iniziamo il cammino. Dopo l’entusiasmo iniziale di Alessandro, inizia una lenta “agonia” che con un pò di astuzia riusciamo a superare nel mentre percorriamo il lungo sentiero che ci porta al Rifugio Curò per le ore 15.15. Ora ci aspetta una pausa di circa mezz’ora seduti al rifugio mangiando un panino e gustandoci una buonissima fetta di torta. Ore 16.00, Alessandro sembra avere una carica diversa e così iniziamo una bellissima camminata, costeggiamo il lago artificiale del Barbellino che con amarezza troviamo prosciugato, nel mentre raccontiamo di come fosse il lago a questo giovane ragazzo che con naturalezza e gioia osserva questo ambiente nuovo, camminando, ci lasciamo attirare dalla spada nella roccia presente vicino alla Cappelletta, e così ci cimentiamo nella prova… senza nessun risultato ma molto divertiti continuiamo… fa caldo, ma una brezza piacevole non ci fa soffrire, seguendo questa strada militare ci addentriamo nella valle e finalmente dopo circa 1 ora e 30 siamo al Rifugio Barbellino. Fantastico! Questa piccola costruzione in mezzo ad un anfiteatro unico con il lago naturale a completare la meraviglia del luogo in cui ci troviamo. Ci rilassiamo bevendo una birra fresca (noi zii) contenti chiacchierando tra noi e lasciando scorrere il tempo. Giunta l’ora di cena, al tavolo conosciamo una mamma con suo figlio di due anni più grande di Alessandro, così mentre loro due giocano, noi chiacchieriamo e facciamo amicizia. Dopo cena ci facciamo tutti insieme una camminata fino al lago, esplorando la zona, ma Alessandro accusa la stanchezza così decidiamo di andare a dormire. Primo agosto, sveglia non prestissimo, ore 7.00. Dopo i preparativi scendiamo a fare colazione, tra una marmellata e una nutella, Alessandro ci racconta la sua esperienza non piacevole nel dormire nel sacco lenzuolo che lo limitava nei movimenti, serenamente finiamo la colazione e dopo i saluti con i nostri nuovi amici e i rifugisti ci incamminiamo verso il lago. La giornata è stupenda: cielo azzurro senza neanche una nuvola, una piacevole arietta fresca e tutto intorno a noi cime aspre che sfiorano i 3000 metri, senza una meta ben precisa lasciamo che la giornata passi cercando di goderci al meglio quello che l’ambiente ci offre senza forzare troppo. Pensiamo di fare il giro del lago, così seguendo il sentiero che porta al Passo Pila m.2513 con attenzione arriviamo dalla parte opposta del lago… l’altra sponda non ci ispira, così su consiglio di Alessandro tentiamo di raggiungere la cima di questo “cucuzzolo”. Salendo attraverso sassi ed erba aggiriamo la cima e seguendo una debole traccia arriviamo sulla sua sommità dove con nostro stupore  troviamo una statua della Madonna. WOW!! La vista da qui è fantastica!! Il lago in tutta la sua forma con il piccolo rifugio sullo sfondo. Foto, e in relax ci godiamo il momento lasciando vivere al piccolo Alessandro qualcosa di unico. Sono le ore 9.00, la strada del ritorno non è proprio corta e decidiamo di scendere. Una volta al Rifugio Barbellino un gregge di pecore intento nella salita ci sbarra la strada, lo osserviamo divertiti salutando i pastori in compagnia dei loro fedeli aiutanti canini. Una volta passati, riprendiamo la discesa. Ore 11.30 siamo al Rifugio Curò, prima di pranzare portiamo Alessandro a vedere la diga, ma il suo pensiero e quello di pranzare così senza troppi complimenti ritorniamoa l rifugio Curò. Ore 12.00 ci sediamo al rifugio e finalmente pranziamo. Ore 13.00, dopo un’ora di pausa per un fantastico pranzo riprendiamo la lunga discesa che sotto un caldissimo sole ci porta a Valbondione. Prima però di giungere alla macchina non ci facciamo mancare niente: dall’arrampicare sui massi nei pressi dell’osservatorio ad un bagno rinfrescante nel fiume Serio e così per le ore 16.00 chiudiamo questi due giorni passati IN THE MOUNTAINS.

Torniamo a casa soddisfatti sia per il ginocchio che ha risposto benissimo, sia per Alessandro che a parte l’inizio ha saputo divertirsi faticando e adattandosi a ogni situazione che un’uscita di questo tipo richiede. Concludiamo con un arrivederci al Rifugio Barbellino dove sicuramente torneremo per poi salire qualche cima.

Queste sono quelle giornate che ci ricorderemo e che ci piace raccontare, una giornata intensa con una cavalcata a filo di cresta di una spettacolare montagna a noi cara dal profilo inconfondibile, a  forma di sega, o meglio resega da cui poi il nome Resegone. Finalmente dopo tanti rimandi affrontiamo la traversata che dal Passo del Giuff ci porta alla Passata salendo quasi tutte le cime di questa “resega”. Ore 6.45, parcheggiamo la nostra auto nei pressi della partenza della funivia per i Piani d’Erna, e con stupore troviamo il parcheggio con un bel numero di autovetture, forse dovuto alla recente riapertura delle ferrate Gamma 1 e Gamma 2. Ore 6.50 iniziamo il nostro cammino, fa già caldo, in maglietta ci addentriamo nel bosco, poi per strada asfaltata e poi per sentiero/mulattiera. Seguendo le indicazioni giungiamo ai Piani d’Erna per le ore 8.10, il sole sbuca da dietro al Resegone come a darci il benvenuto illuminando il nostro cammino… di buon passo proseguiamo fino a raggiungere il Passo del Giuff m.1518. Sono le ore 8.50, due orette no stop; breve pausa poi su a prendere la cresta per la nostra traversata. Saliamo seguendo la traccia tra rocce e sentiero fino a raggiungere la nostra prima cima di oggi: il Pizzo Morterone m.1752, l’estrema propaggine settentrionale del Resegone. Continuiamo in questo viaggio accompagnati da un sole caldo che subito ci mette in guardia sulla giornata di oggi. Proseguiamo con determinazione e dopo essere scesi, saliamo il Pan di Zucchero m.1758, poi giù e di nuovo e su salendo alla cima Pozzi m.1810 che raggiungiamo per le ore 9.50. Da qui con attenzione scendiamo fino all’uscita del Canale Bobbio dove incontriamo qualche escursionista e un ragazzo impegnato nella sua traversata opposta alla nostra con il quale ci scambiamo le nostre impressioni, dopo i saluti saliamo il Dente del Resegone dove troviamo l’uscita di una ferrata, arrivano due ragazzi e scambiando due chiacchere ci dicono essere la ferrata Gamma 2. La strada è ancora lunga e dopo aver saltato la Cima Manzoni saliamo alla Cima Stoppani m.1849 dove troviamo la piccola croce di colore rosso a sancire la vetta. Poi giù all’uscita del Canale Comera e su fino alla vetta del Monte Resegone, con la sua  massima elevazione la Punta Cermenati m.1875. Sono le ore 10.45 e siamo a metà dell’opera… forse! Così dopo le foto di vetta scendiamo al Rifugio Azzoni posto pochi metri sotto la vetta dove sorge anche il Bivacco Città di Lecco, per una pausa di circa 15 minuti dove ci rifocilliamo con  panino e birra seduti al sole pensando al resto del giro. Il sole splende, una leggera aria fresca ci regala un piacevole momento… osserviamo i diversi escursionisti, ognuno oggi con un suo obiettivo e noi in onore del nostro, ci rimettiamo in cammino. Ore 11.10, dopo 10 minuti siamo già su un’altra cima: la Torre di Val Negra m.1852. Il panorama da questa cima è indescrivibile, come del resto da tutte le cime fino ad ora… scendiamo e poi saliamo al Pizzo Daina m.1864, giù e ancora su al Pizzo Brumano m.1756. Che ambiente, selvaggio e poco frequentato, oltre a noi solo un altra persona intenta a scattare fotografie… nel mentre ammiriamo questa cima e in lontananza si odono le campane che suonano il mezzodì…  stanchi ma motivati proseguiamo al caldo di questo ultimo sabato di maggio anomalo scendendo fino al Passo dei Solitari. Il caldo diventato poco sopportabile ci obbliga ad una pausa all’ombra dell’omonima cima. Circa 15 minuti di riposo, una barretta e poi d’un fiato proseguiamo fino a raggiungere la Cima Piazzo m.1640 e subito alla Cima Quarenghi m.1636 dove troviamo la famosa targa in memoria di Giacomo Quarenghi, architetto valdimagnino di Rota Imagna. Che fatica! Passiamo dieci minuti scambiando due chiacchiere con una coppia sulle rispettive avventure di oggi,  sereni come se fossimo al bar in centro a bere un caffè… dopo i saluti iniziamo la discesa che con molta, molta attenzione ci porta a La Passata m.1244 per le ore 13.45, un luogo di interesse storico, qui è ancora presente un cippo di confine dello Stato di Milano risalente al XVIII secolo. Con soddisfazione sostiamo ad un tavolino del pressi del passo rifocillandoci, rilassati, finalmente visitiamo questo luogo a lungo sentito nominare e per noi affascinante quasi come le varie cime salite oggi. Dopo una sosta di 15 minuti riprendiamo il cammino facendo attenzione al sentiero da intraprendere, che in circa un’ora ci porta al Rifugio Alpinisti Monzesi. Prima di arrivare al Rifigio però alcune tracce di un passato ormai quasi dimenticato catturano la nostra attenzione, le miniere de La Passata, dove troviamo grotte e ruderi abbandonati e anche una torre. Dopo questa parentesi storica, arriviamo al Rifugio Alpinisti Monzesi m.1170, ore 14.45, quì la sosta è d’obbligo! Rilassandoci all’ombra  seduti ai tavolini del Rifugio, ci gustiamo un’ottima torta di noci con una bella birra fresca…  dai, manca poco!  Salutiamo il simpatico gestore e riprendiamo il cammino e dopo una faticosissima salita di circa 20 minuti arriviamo al Passo del Fò m.1294. Ci guardiamo attorno prima di prendere il sentiero giusto per non sbagliare e una volta intrapreso andiamo diretti  all’ultima tappa di oggi: il Rifugio Stoppani, che raggiungiamo in meno di un’ora. Breve sosta prima dell’ultimo tratto con una birra fresca a sigillo di questa impresa ormai giunta al termine… ultimi passi con il sole che ci ha accompagnato per tutto il giorno, in discesa verso il suo tramonto. E noi? Stanchi giungiamo alla macchina per le ore 16.50. Non ci sono parole, solo sensazioni, che si sommano tra loro in questo giorno lungo e faticoso dove il caldo non ha aiutato di certo ma con la giusta carica ed esperienza ce l’abbiamo fatta a compiere questo spettacolare giro!

Oggi si va oltre confine per scoprire un nuovo luogo e per salire una nuova cima molto conosciuta nel Ticino: il Monte Tamaro che si erge a sud-ovest del Passo del Monte Ceneri dividendo il cantone in Sopraceneri e Sottoceneri, raggiungiamo uno degli ultimi paesi del Sottoceneri, Mezzovico, parcheggiamo per le ore 8.15 nei pressi del ristorante Alpino in centro al paese, e dopo i preparativi ci incamminiamo per la via Ai Ronchi cercando i segnavia gialli. La giornata promette bene con un clima piacevole che ci infonde tanta voglia di camminare. Troviamo i segnavia e nel seguirli giungiamo ai primi cartelli: qui troviamo due opzioni per salire al monte Tamaro: a sinistra 4 ore e 30 invece a destra 4 ore e 10, noi scegliamo di andare a destra anche perché avevamo letto della salita al monte proprio per l’itinerario che passa dall’Alpe Duragno. Così fiduciosi intraprendiamo la lunga salita… ore 9.10 circa arriviamo nei pressi della località Tortoi m.914. Il sole alle nostre spalle ci scalda e ci illumina, il paesaggio con i suoi colori gialli anomali dovuti al secco di questo inverno 2022 molto scarso di precipitazioni ci affascina.  Superiamo un gruppo di baite e poi su fino ad un altro bivio dove troviamo altri cartelli con le tempistiche per il Monte Tamaro che indicano ancora 2 ore e 40… Proseguiamo all’interno di un bosco poi salendo sbuchiamo su un pendio. Seguiamo la traccia e girando attorno a questo promontorio iniziamo ad addentrarci nella valle di Duragno. Bellissimo paesaggio!! Continuiamo a salire puntando in lontananza l’Alpe Duragno, un ultimo sforzo e lo raggiungiamo, m.1491, ore 10.30. Purtroppo lo troviamo chiuso,  attorno a noi solo qualche camoscio che scorrazza sui ripidi pendii… dopo una breve sosta proseguiamo. Tra una chiazza di neve e l’altra seguiamo i segni bianco-rossi che in breve ci portano all’Alpe di Campo, che superiamo senza fermarci fino ad arrivare ad un bivio dove teniamo la destra e dopo un breve strappo giungiamo alla grande antenna posta sul crinale per collegare il Canton Ticino al resto della Svizzera. Sono le ore 11.15, i cartelli ci dicono che mancano ancora 40 minuti alla cima del Monte Tamaro, così continuiamo il nostro cammino. Ora l’ambiente si fa più interessante, ci troviamo sulla cresta ad una quota vicino ai 2000 m. con la nostra meta ancora lontana… dopo esserci coperti per il vento fresco che sferza su questo crinale seguiamo divertiti e motivati la traccia per facili roccette,  dopo aver superato la Capanna Tamaro m.1867, saliamo sulla cima del Motto Rotondo in dialetto Ul Mott Tund m.1928! Wow! Che bello!! Proseguiamo, con attenzione scendendo questa cresta tra rocce facili e traccia di sentiero, dopo alcuni minuti raggiungiamo un passo dove troviamo alcuni cartelli e la traccia che porta alla vetta… ultimo strappo e in breve siamo sulla cima di questo splendido monte! 4 ore fantastiche dove abbiamo incontrato solo una persona, in vetta troviamo invece alcune persone salite dal versante opposto. Ci scattiamo un selfie a sigillo di questa conquista e ammiriamo il panorama intorno, subito notiamo il sentiero completamente inagibile dalla neve che dalla Capanna Tamaro porta al passo evitando la cresta che invece abbiamo fatto noi. Ora ci godiamo il nostro pranzo con una vista mozzafiato seduti sul basamento della croce di vetta. Rilassati ci godiamo il momento, meditando sul da farsi per il ritorno. Decidiamo di completare un bel giro ad anello proseguendo per il versante opposto verso l’ignoto. Seguiamo per Bassa di Indemini m.1723 che raggiungiamo in breve dalla cima, da qui con attenzione a non sbagliare cerchiamo le giuste indicazioni per Mezzovico e una volta sul sentiero iniziamo una lunga discesa passando per luoghi nascosti con i suoi resti di una vita antica… In circa un’ora arriviamo al Pian Cusello m. 1343 dove troviamo la casa Forestale-Acquedotto di Lugano in un ambiente ben curato dalla vista unica. Sono le 13.40 circa, ci fermiamo per riposarci un pochino mangiando una barretta… ma bando alle ciance la strada è ancora lunga, scendiamo ripidi nella valle e seguendo le indicazioni dopo aver superato il corso d’acqua, rimontiamo l’altro versante e seguendo questo lungo sentiero ad un certo punto ci ritroviamo senz’acqua… così,  stanchi e assetati, speriamo in una fontana nei pressi dei monti…  finalmente giungiamo nei pressi di alcune case in località Garzon e con gioia troviamo una fontana, fantastico!!! La nostra salvezza!! Ci rifocilliamo e dopo la pausa riprendiamo il cammino. Superiamo i Monti di Mezzovico con le sue baite e dopo un’oretta dalla fontana arriviamo in paese per le ore 16.00. Bellissimo giro, lungo, di grande bellezza e soddisfazione: dove abbiamo attraversato valli, salito crinali, raggiunto cime e scoperto tanti angoli di una vita passata, dove l’amore e la cura per questi luoghi si vede e regala emozioni uniche.

Sono passati 20 giorni dall’ultima volta che siamo usciti con Alessandro e a sua richiesta con piacere torniamo in the mountains. Insieme questa volta pensiamo al Monte Moregallo ma non per la via normale ma per il Canalone Belasa così da aggiungere un pizzico di adrenalina mettendo alla prova questo giovane alpinista alla ricerca di gioia e divertimento toccando la roccia con mano attraverso scorci unici che non tutti hanno la fortuna di vedere. Come sempre la sveglia è presto, perché in montagna si va presto! Alle ore 8.20 circa iniziamo la camminata lunga e un po’ noiosa che con pazienza ci porta all’attacco del canale…  siamo alla base dove iniziano le prime catene, sono le 9.30, una piccola sosta al sole in questa fresca giornata di fine febbraio dall’inverno anomalo dove la neve stenta a farsi vedere e con tante giornate di sole come quella di oggi. Si parte! Iniziamo la salita aiutati dalle prime catene, qui Alessandro inizia con un po’ di timore ma in pochi minuti prende in mano la situazione… saliamo di buona gamba e in alcuni tratti fatichiamo a stare dietro al piccolo “stambecco” che super gasato ci precede… procedendo a tratti di sentiero e tratti di roccia dove nei passaggi più difficili siamo aiutati dalle catene, raggiungiamo per le ore 10.30 il sentiero che ci porta in vetta. La giornata è splendida, saliamo alcuni metri e dopo aver superato l’ultimo tratto attrezzato siamo in cima! Fantastico!!! Un super Alessandro, si porta a casa un’altra cima per una via non banale dove con attenzione ha superato tratti per nulla facili,  anche un po’ aiutato dagli zii. La giornata di oggi è fantastica, con un sole splendente e un cielo azzurro con una leggera brezza fresca. Ora si pranza raccontandoci della salita… prima di scendere però una leggendaria battaglia a palle di neve iniziata da Alessandro contro gli zii ci regala tanti sorrisi. Per la discesa prendiamo il sentiero n.6 fino alla fonte di Sambrosera dove inizia il sentiero del Canale appena percorso. Chiacchierando con una coppia che ha fatto il nostro stesso percorso, sono fioccati i complimenti per Alessandro, e dopo questa ultima sosta raggiungiamo la nostra macchina per le ore 14 chiacchierando e saltellando. Una volta a casa non ci facciamo mancare niente facendo due tiri a calcio nel parco di fronte a casa degli zii.

Felicissimo Alessandro e felicissimi gli zii di vedere un giovane ragazzo di quasi 10 anni contento di passare la giornata  “in the mountains”

 

Il 2022 è iniziato e finalmente dopo gli ultimi anni di restrizioni, il CAI di Caslino d’Erba può tornare ad organizzare le uscite sociali per tutti i soci, si parte con una notturna al chiaro di luna salendo al Rifugio Brioschi da Balisio. Ci troviamo per le ore 18.30 al Municipio di Caslino e una volta constatato la poca adesione,  si parte ugualmente, noi soliti 4 amici e soci più uno, con tanta voglia di divertirci insieme. Alle ore 19.15 parcheggiamo presso la Chiesetta del Sacro Cuore, ci prepariamo , frontale accesa e su veloci fino al Rifugio Pialeral, dove ci fermiamo per una breve sosta… è buio, la luna è ancora nascosta, fa freddo ma non freddissimo, guardando verso la vetta scorgiamo una luce, forse è l’amico Gianni partito circa un’ora prima di noi, continuiamo e con buon passo poco prima di raggiungere il Bivacco Riva Girani ai Comolli, incontriamo una persona  che scende… è Gianni! Stupiti chiediamo il motivo della discesa, ci dice che purtroppo durante la salita sul muro del pianto un rampone si è rotto, e inevitabilmente gli è toccato abbandonare la salita. Peccato visto che era partito anche prima di noi per non rallentarci… una persona così si merita tutto il nostro rispetto. Ci salutiamo, poi noi quattro proseguiamo…  ore 21.30 arriviamo ai Comolli, qui entriamo nel bivacco per una sosta al riparo dal freddo. Che bei momenti! Alcuni minuti passati a chiacchierare sorseggiando the caldo in attesa del fatidico “muro del pianto”, ci ramponiamo e in una sorta di misto tra neve, roccia e sentiero, in circa un’ora siamo in cresta. Wow che spettacolo! La luna ora splende su di noi, possiamo quasi spegnere le frontali, sotto un mare di nuvole a ricoprire ogni cosa lasciando scoperte le cime più elevate come fossero isole. Con attenzione proseguiamo su neve a tratti misto roccia fino alla croce di vetta. Ore 23.00, ce l’abbiamo fatta!! Foto, poi scendiamo a vedere se il Rifugio Brioschi è ancora aperto… con nostra gioia sì! Entriamo,  al caldo ci godiamo questo momento unico. Chiacchierando con il gestore ci gustiamo una fetta di torta con thè caldo, passando una bella mezz’ora di serenità, ma purtroppo ci tocca scendere: uscire al freddo, calzare i ramponi, e ripercorrere l’itinerario di salita. Forza e coraggio, salutiamo il gestore e con attenzione ripercorriamo a ritroso i nostri passi, con breve tappa al Bivacco e infine alla macchina per le ore 2.30 circa.

Un uscita particolare, con emozioni diverse rispetto a farla in giornata, peccato per la poca neve di questo pazzo inverno che però non ci ha privato di divertirci insieme passando dei momenti di socialità.

Grazie al CAI di Caslino d’Erba, ci vediamo alla prossima uscita!

Continuano le uscite con Alessandro e questa volta lo portiamo a vedere l’alba dal Monte Palanzone così da fagli vivere qualcosa di speciale e di diverso con una bella camminata al buio… quindi sveglia presto (con non poca fatica) e dopo i vari preparativi per le ore 5.15 siamo in marcia: frontali accese al freddo di questa prima domenica di febbraio, dopo aver attraversato Caslino, proseguiamo per la strada che porta all’Alpe Prina, una volta giunti all’Alpe, di buon passo proseguiamo e andiamo a prendere il sentiero che porta alla Bocchetta di Palanzo. Ora il bosco buio e nel mentre saliamo l’attenzione ricade su ogni minimo rumore proveniente da esso, ma Alessandro senza batter ciglio prosegue sicuro tra gli zii fino alla Bocchetta… il cielo ancora scuro, ma all’orizzonte un chiarore leggero annuncia l’alba, dopo la breve pausa riprendiamo e ora dritti fino alla cima! Con un pò di fatica e tanta determinazione giungiamo sulla vetta proprio mentre l’alba inizia a colorare il cielo, fantastico! Dopo esserci congratulati con Alessandro per l’ennesima cima raggiunta ci sediamo e mentre facciamo colazione ammiriamo questo spettacolo della natura. Il tempo scorre e i colori e le sfumature cambiano continuamente, Alessandro per nulla annoiato osserva e commenta ogni cosa. Ore 8.00, ormai alto il sole, decidiamo di scendere prendendo il sentiero che porta a Rezzago… dopo l’aria frizzante della cima, ora il caldo ci travolge, complice anche il sole, scendiamo e ad un certo punto prendiamo una traccia non segnata che pochi conoscono che porta alla cima di Colma Piana poi giù fino al Monte Orsera. Qui Alessandro, aiutato dagli zii posa una targa fatta da lui che indica il nome di questa piccola cima chiamata Orsera. Cerchiamo sassi e li impiliamo per fissare in qualche modo il cartello… mezz’ora di creatività in cui tutti insieme ci divertiamo nella natura. Ore 9.00 scendiamo verso la Bocchetta di Vallunga dove prendiamo il sentiero che porta al Foro Francescanum e una volta giunti alla grotta del Boltrino facciamo una piccola esplorazione.  Correndo e saltando Alessandro non sembra accusare stanchezza e in breve siamo di ritorno a Caslino, una volta a casa ci aspetta un buon pranzo preparato dalla zia a conclusione di questa giornata memorabile.

Contenti e orgogliosi di Alessandro che può aggiungere un’altra cima al suo giovane palmarès

E’ passato tanto tempo dalla nostra ultima ferrata percorsa, e come immaginavamo da quando abbiamo iniziato ad arrampicare, questo genere di itinerario non ci regala più grandi emozioni, comunque sono sempre delle ottime alternative per salire ad una cima in modo diverso. Così partiamo alla volta di Valmadrera per salire al Corno Rat dalla sua ferrata 30° OSA, un itinerario storico risistemato nel 2021 e da poco riaperto. Parcheggiamo la nostra auto e una volta saliti a San Tomaso seguiamo le indicazioni per la ferrata. Ore 9.00 ci troviamo alla base di questa parete verticale… però! Ci fermiamo e nel mentre ci prepariamo per la salita, due ragazzi ci precedono, salendo i primi pioli artificiali nuovi di zecca…  siamo pronti, attacchiamo la via… ripida fin da subito e con un certo impegno fisico superiamo la prima parte, poi un tratto di sentiero e un altro tratto ripido con alcuni passaggi ben esposti… divertiti progrediamo aiutati dai tanti pioli presenti e in circa 45 minuti siamo alla fine della ferrata in cima al Corno Rat. Non male, bella ripida e molto fisica in ambiente spettacolare, qui sostiamo qualche minuto, il tempo di togliere imbrago e casco chiacchierando coi ragazzi che ci hanno preceduto… dopo i saluti noi continuiamo seguendo lei indicazioni per il sentiero attrezzato 30° OSA: attraversando il bosco e dopo aver superato alcune rocce, troviamo le prime catene che ci aiutano a superare una parete facile, continuiamo per traccia con facili rocce fino alla base della parete dell’anticima del Corno Orientale, qui non si scherza, con l’aiuto delle catene superiamo un bel passaggio esposto che ci porta alla cresta finale molto bella e dalla vista unica, poi un breve tratto in discesa, quindi gli ultimi passi su fino alla grande croce del Corno Orientale! Giornata stupenda, non freddissima con un bel sole che ormai ci accompagna in questo strano inverno. Pranziamo al sole in totale solitudine ammirando il paesaggio che non ci annoia mai ripensando che proprio poco meno di una settimana fa eravamo qui con Alessandro. Per la discesa seguiamo la traccia che dalla Bocchetta di Luera porta al Fontanino del Fò, poi per il sentiero torniamo a San Tomaso.

Bel giro, con la ferrata protagonista di oggi e il sentiero attrezzato a completare la nostra salita a questi due corni in questo ambiente che per la sua “semplicità” sa regalare scorci incredibili dalle emozioni assicurate.

Continuiamo le uscite insieme ad Alessandro, sempre più interessato alla montagna, da bravi zii, questa volta puntiamo ad una bella cima dove un giovane ragazzino può trovare tanti stimoli mettendosi alla prova su terreni sempre più impegnativi. Sveglia presto, per le ore 6.30 siamo già in cammino al buio per provare la sua nuova frontale, e così tutto gasato senza mai un’esitazione arriviamo al Terz’Alpe. Giunti qui è chiaro quindi mettiamo via le frontali e dopo una breve pausa, proseguiamo per il sentiero n.1 che porta al Rifugio Sev. Ore 8.30 arriviamo sul pratone alla base del Corno dove c’è la Madonnina, qui il vento soffia, il sole sorto nel mentre salivamo è nascosto dal Corno così ci copriamo sorseggiando un thè caldo ammirando il paesaggio. Sempre più gasato, Alessandro è impaziente di salire in cima così riprendiamo il sentiero che in piano ci porta al Rifugio poi dopo l’ultimo strappo in salita giungiamo alla Forcella dei Corni… andiamo in direzione del Corno Occidentale e dopo pochi minuti arriviamo alla base del primo salto di roccia che superiamo tranquillamente poi ancora qualche passo e finalmente siamo alla base del canalino. Qui lo sguardo di Alessandro si fa un pò impaurito ma con coraggio si cimenta in questa salita: passo dopo passo, con noi lì vicino raggiunge la cima. Fantastico! Una giornata splendida, con il sole ancora basso, dove solo noi tre  in vetta a goderci il momento… felici, ci scattiamo un bel selfie… guardando e chiacchierando con Alessandro, vediamo un giovane ragazzino lucido, curioso, che alla domanda “Vuoi salire l’altro Corno” risponde con un “Sì” disarmante e anche dopo avergli illustrato tutto il giro che ne sarebbe uscito la sua risposta è ancora Si! Bene, bando alle ciance e via, ore 9.30, si scende con attenzione senza problemi, si va alla Forcella e si prosegue puntando il Corno Centrale e una volta alla base, seguendo le nostre indicazioni Alessandro lo sale con facilità e sicurezza, senza esitare mai una volta e in circa mezz’ora siamo in cima! La soddisfazione è tanta, ci fermiamo ammirando il paesaggio e Alessandro si siede alla base della croce di vetta mangiando una barretta… tranquillo come fosse un luogo a lui familiare. Ora proseguiamo per la cresta dopo esserci legati per una maggiore sicurezza. Camminiamo a bordo del precipizio su roccia in un ambiente severo con molta attenzione ma in totale serenità, scendendo per il ripido versante a sud aiutati da qualche catena fino alla base dove ci sleghiamo, senza parole! Alessandro numero uno! Con voglia e tanta emozione corriamo verso la Bocchetta di Luera poi su fino al Corno Orientale dove finalmente ci fermiamo per pranzare. Sono le ore 11.00, seduti al sole pranziamo chiacchierando, scrutando le cime intorno a noi e pensando a quale salire la prossima volta… ma purtroppo bisogna rientrare, foto e poi ci incamminiamo verso il fontanino del Fò. E qui che Alessandro inizia a dare qualche segno di stanchezza… complice anche il sentiero dove lo stimolo di rocce e cime non ci sono più… arriviamo al fontanino poi saliamo alla Colma di Val Ravella e con pazienza scendiamo al Terz’Alpe. Sostiamo per rilassarci sui tavoli di legno assumendo un pò di zuccheri che ci danno energia per l’ultima discesa. Riprendiamo la via di discesa per il sentiero che costeggia il fiume con i suoi ponticelli dove riusciamo a tenere la concentrazione così da arrivare alla macchina senza problemi.

Oggi, un grande Alessandro ci ha regalato un’immensa gioia realizzando un giro non banale per un adulto, figuriamoci per un bambino. Bene, ora non ci resta che continuare e di sicuro Alessandro non mancherà di stupirci ancora.

 

“Il maestro apre la porta, ma tu devi entrare da solo”. Iniziamo così, con un proverbio cinese a racchiudere il senso dell’uscita di oggi che ci porta in vetta al Monte Cabianca. Noi due, al freddo di questa gelida mattina orobica, camminando nel buio della strada che porta alla Diga di Fregabolgia e poi attraverso il Canale Nord, un viaggio ricco di emozioni che cerchiamo di raccontare con sincerità e umiltà. Ore 9.00, siamo alla Diga di Fregabolgia, fa freddo , anzi freddissimo, mentre sorseggiamo un thè caldo, lo sguardo volge al canale nord lì dritto davanti a noi, uno scivolo di neve tra le rocce… circa 15 minuti di pausa per decidere di avventurarci in questo ambiente… uno sguardo… e via si va… attraversiamo la diga guardiamo, seguiamo la traccia e in un sali scendi immersi in un ambiente invernale, all’ombra del Cabianca ci avviciniamo alla base del canale. Quaranta minuti circa dalla diga, qui ci prepariamo e facciamo cambio “attrezzi del mestiere”, via i bastoncini per le picche. E’ la prima volta che ci troviamo ad affrontare un canale in inverno da soli, di solito siamo sempre in compagnia del nostro socio Angelo, il nostro “insegnante” che ci ha iniziato a questa specialità, dove l’adrenalina scorre a fiumi e dove la mente fatica a restare lucida… ma è proprio ciò che ci spinge a metterci alla prova, superare le proprie paure, sentirsi vivi, così iniziamo a salire… si fatica… La pendenza aumenta e con qualche passaggio stretto proseguiamo fino alla fine del canale… nel mentre una persona ci supera con scioltezza, gli ultimi sforzi e siamo fuori dal canale!!! Wow!!! Fantastico, il sole compare all’orizzonte,  seguiamo la traccia che ci porta in vetta… ancora pochi passi dove incontriamo la persona di prima che è già di ritorno con cui scambiamo due chiacchiere, ci salutiamo poi su diretti a sigillare questa giornata con la cima del Monte Cabianca m.2601 dal canale nord in invernale. Ore 10.30, un abbraccio liberatorio dove la soddisfazione di avercela fatta ci riempie di gioia, foto di vetta e sguardo su tutto ciò che ci circonda in questa splendida giornata tra le orobie. Non ci sono parole, uno spettacolo per gli occhi e per l’anima. Proseguiamo per la cresta opposta alla salita per scendere… ma ad un certo punto abbandoniamo l’idea, torniamo sui nostri passi e scendiamo per il canale. Non banale la discesa ma con attenzione non riscontriamo problemi, ci fermiamo anche a chiacchierare con due persone intente nella loro salita. Ore 12.00 circa e siamo di nuovo alla base del canale. Ora con scioltezza proseguiamo fino alla diga che raggiungiamo in circa 40 minuti. Ci fermiamo al sole a pranzare con dinanzi a noi il Cabianca con il suo canale. Bellissimo! Ma la strada è ancora lunga… ancora due orette di discesa dove percorriamo l’ultima mezz’ora in compagnia di un simpatico signore, incontrato nel canale quando noi scendevamo e lui saliva. Sono le ore 15.30, siamo nostra auto, ci salutiamo con l’amico incontrato e stoppiamo il nostro GPS. 9 ore – m.1500 d+ – 20 km! Però non male! Portiamo così a casa il nostro primo canale in solitaria, a coronare un piccolo sogno reso ancor più bello dall’ambiente che le orobie sanno regalare. Rientriamo a casa con un pizzico di amarezza per non aver condiviso con i nostri amici anche questa avventura, sicuri però che a breve anche loro si cimenteranno su questa splendida salita.

 

 

Le feste sono passate e in questo strano inverno con poca neve ci dedichiamo alla scoperta di nuove cime nel territorio Lecchese. Incuriositi da questa cima entrata nelle nostre mire da un annetto circa, oggi decidiamo di provare a raggiungerla, e insieme all’amico Angelo, partiamo alla volta di Lierna. Ore 8.00 parcheggiamo in via San Michele e in questo 8 gennaio 2022 particolarmente freddo, ci avviamo verso il borgo, lo attraversiamo e troviamo subito delle indicazioni, seguiamo il sentiero n.73, saliamo fino a raggiungere un altro bivio e sempre sul sentiero n.73 puntiamo alla Bocchetta di Palagia.  Ecco, da qui in poi ci vorrebbe un bel cartello con scritto: “Lasciate ogni speranza voi che entrate”… un ripidissimo sentiero che senza mai mollare per quasi due ore ci porta alla Bocchetta di Palagia… un viaggio mistico, dove smaltire e purificare il corpo da tutte le mangiate delle feste… dopo questo tratto all’ombra dove il freddo non ci ha mai mollato con i camosci a farci da guardia dai loro balconi rocciosi, finalmente arriviamo alla Bocchetta dove troviamo il sole! Che bello! Al “caldo” sostiamo sorseggiamo un the e mangiando qualcosa  cercando di capire dove andare… seguiamo la strada sterrata fino alla Bocchetta di Calivazzo m.1420, 10 minuti circa, troviamo vari cartelli con varie direzioni senza però riferimenti alla Cima di Eghen… ma noi, relazione alla mano ci addentriamo nel bosco, senza alcuna traccia saliamo puntando la cresta, attraversiamo un ripido versante erboso con qualche roccetta, ed arriviamo alla cima! Nessuna croce, nemmeno un ometto, una cima senza l’impronta dell’uomo, solo erba, rocce e cacca di camoscio. Divertiti ci godiamo il panorama al sole, con la Grigna dinanzi a noi con il suo versante ovest a regalarci vedute straordinarie, pranziamo e dopo una mezz’ora circa scendiamo dalla parte opposta alla salita… seguendo una labile traccia e qualche segno sugli alberi, arriviamo in pochi minuti ad una bocchetta dove prendiamo il sentiero verso destra che ci riporta alla Bocchetta di Calivazzo; qui decidiamo di salire anche la cima Palagia, così seguendo la traccia ci addentriamo nel bosco e in breve siamo in cima. Senza parole! Salita così per caso, troviamo panorama fantastico! Dinanzi a noi il Triangolo Lariano con la punta di Bellagio bella evidente, il lago di Como in tutto il suo splendore, a destra il bosco e a sinistra ripidi pendii di prati colmi di camosci… spettacolo! Foto alla piccola croce e dopo due chiacchiere con la prima persona incontrata oggi scendiamo per il versante opposto… per traccia senza segni giungiamo alla Bocchetta di Palagia che raggiungiamo per le ore 12.30,  una breve sosta poi attraverso il bosco, scendiamo a prendere il sentiero n.71 che in breve ci porta all’Alpe di Lierna m.1240. Bello l’alpeggio, una chiesetta e alcuni casolari ben tenuti in mezzo a questo prato, ora seguiamo la strada che si addentra in una splendida faggeta, poi tenendo a sinistra arriviamo alla Bocchetta dell’Alpe m.1132 seguendo sempre il sentiero n.71. Seguiamo la direzione Lierna e scendiamo accompagnati da un caldo sole per questo bel sentiero… ora seguendo il sentiero del Viandante giungiamo a Mezzedo m.878: splendida località al confine tra Lierna e Esino, proseguiamo senza fermarci fino alla Croce del Brentalone m.654 dove troviamo una grande stella cometa posizionata per le feste natalizie nei pressi della croce. Ora si scende ripidi in un canion ombroso e freddo seguendo il sentiero e stando attenti alla direzione, prima per il 71B poi per sentieri non segnati, in qualche modo torniamo sul sentiero intrapreso questa mattina dove poi rientriamo alla macchina per le ore 14.45.

Contenti e soddisfatti per questo bel giro, impegnativo, con un notevole impegno fin dalla partenza, ma di grande soddisfazione visitando luoghi a noi sconosciuti molto affascinanti in un ambiente poco frequentato con innumerevoli spunti per successive giornate In The Mountains

 

 

 

Questo inizio gennaio 2022 con pochissima neve ci dà l’opportunità di girovagare su cime alternative e scoprendo nuovi sentieri, oggi  torniamo in quel di Lecco per raggiungere il Monte  Coltignone, passando per il Monte San Martino e il Corno di Medale. Ore 8.00, in compagnia dell’amico Angelo parcheggiamo l’auto a Rancio, per l’esattezza in via Quarto, da qui seguendo le indicazioni prendiamo da prima la strada asfaltata che sale ripida, una volta ai cartelli, il sentiero che porta al monte San Martino; l’intenzione era quella di andare a prendere il sentiero dei Pizzetti ma non avendo trovato indicazioni saliamo dal sentiero normale, dove d un certo punto troviamo un cartello con la dicitura “Variante attrezzata – la Vergella – impegnativo”, incuriositi seguiamo l’indicazione. Ore 8,45 giungiamo alla base di una parete di circa 5 metri attrezzata con una catena… interessante! Ci guardiamo e sorridendo iniziamo la salita abbastanza verticale, ma con l’aiuto delle catene la superiamo facilmente, ancora alcune rocce poi ci troviamo su di un belvedere: le nuvole basse in cui ci troviamo immersi oggi, lasciano qualche spiraglio, e come per magia si intravediamo il sole… spettacolo! Foto e poi continuiamo… per traccia e con qualche passaggio su roccette arriviamo alla Cappella della Madonna del Carmine al San Martino dove il sole ci accoglie, regalandoci una vista unica, sono le ore 9.10, da qui proseguiamo ora per il sentiero “Silvia”e in circa 30 minuti no-stop arriviamo alla prima cima di oggi: il Monte San Martino m.1090! Fa freddo ma il sole splende in cielo e con i suoi raggi ci scalda un pochino, il panorama è fantastico con queste nuvole basse: Lecco con il suo lago e tutte le sembre belle cime attorno. Piccola pausa con thè e snack poi si riprende il cammino… dopo un di scambio di opinioni decidiamo di non salire il Corno Regismondo che ci eravamo prefissati, puntando al Corno Medale, così seguendo il sentiero con attenzione arriviamo alla croce del Corno Medale m.1029. Fantastico! L’ambiente cambia completamente: le nuvole ci avvolgono completamente, regalandoci  qualche scatto particolare, pochi minuti poi si torna indietro a prendere il sentiero n.59 denominato sentiero “GER”… già percorso in passato, a distanza di alcuni anni ci lascia ancora stupiti dal suo ambiente selvaggio, ripido con passaggi suggestivi che con l’aiuto di qualche catena superiamo. Ore 11.30 siamo in cima al Monte Coltignone m.1479: imponente cima con i suoi versanti particolarmente scoscesi da dove siamo saliti noi, invece all’opposto una piacevole e facile camminata che in breve porta ai Piani dei Resinelli. Troviamo molta gente così dopo la foto di vetta ci defiliamo e sostiamo per pranzare con la vista del Moregallo, il lago e tutte le cime del Triangolo Lariano. Dopo circa 20 minuti ripartiamo alla volta dei Piani dei Resinelli seguiamo  il sentiero alto fino alla Cima Paradiso o Cima Calolden m.1459, raggiungendo così la nostra quarta cima di oggi, adesso seguendo la pista in discesa diretti fino alla strada dove sorge il Rifugio S.E.L. Rocca Locatelli: storico rifugio fondato nel 1908 dalla Società Escursionisti Lecchese ancora oggi un punto di riferimento per chi visita i piani dei Resinelli, nel piazzale un grande cartello indica Val Calolden: definita “L’antica via dei pionieri dello sci e dell’arrampicata”, percorsa per raggiungere i Piani dei Resinelli prima della costruzione della carrozzabile che sale da Ballabio nel 1936. Così seguendo il cartello scendiamo attraversando questa antica valle ricca di storia, in circa un’ora giungiamo nei pressi dell’antichissimo Ponte della Gallina per le ore 13.30.  Da qui, per raggiungere l’auto seguiamo la via Paolo VI e dopo una sosta al cimitero monumentale di Laorca raggiungiamo la nostra auto per le ore 14.30.

Splendido giro su cime non elevate, dove nella prima parte troviamo ripide pareti e canali selvaggi attrezzati con catene, poi una volta ai Piani dei Resinelli il viaggio prosegue semplice attraverso i luoghi dove gli uomini e le donne cento anni fa, scrivevano la storia dell’alpinismo Lecchese e non solo.

 

 

 

Buon 2022! Primo gennaio e prima uscita di questo nuovo anno che si spera sia tutto “in the mountains”! Siamo ancora in Liguria e dopo il bellissimo giro di ieri sul Monte Galero, l’intenzione di oggi è quella di un giro tranquillo così dopo la sveglia presto per le ore 6.00 siamo in macchina… il cielo sembra coperto in questa notte di primo giorno dell’anno, nel mentre ci addentriamo nella valle e saliamo la nebbia inizia a farsi intensa, ad certo punto, troviamo un cartello con il divieto di transito per la strada che ci avrebbe portato alla partenza della nostra escursione, così fermi  nella nebbia di questo paesino deserto al buio cerchiamo di trovare un’alternativa a questa giornata. Consultando la cartina notiamo di essere vicini al Colle di Nava, meta di di una escursione di alcuni anni orsono alla Rocca Ferraira, decidiamo così di puntare al colle per poi scendere a Ponte di Nava, con l’intento di salire la Rocca Pennina, cima vista nell’escursione precedente, opposta alla Rocca Ferraira dove la spaccatura tra loro forma il passaggio tra le regioni Liguria e Piemonte. Così invertiamo la marcia e su verso Colle di Nava, le nebbie non mollano, ma  pochi minuti prima di arrivare a destinazione con gioia le superiamo trovando un bel cielo azzurro, girovaghiamo cercando il punto da dove iniziare a camminare finche non decidiamo di partire dal Colle di Nava. Ore 8.30, il sole è dietro la montagna e in questo clima di ombra gelido iniziamo a camminare, prendiamo il sentiero che porta al Forte Possanghi che raggiungiamo dopo poco più di 15 minuti e una volta fuori dal bosco, il sole ci aspetta regalandoci un po’ di calore e un panorama fantastico: il forte illuminato dalla luce delle prime ore del mattina, le nuvole basse a formare un  mare bianco con le cime che escono da quest’ultimo, bellissimo! Alcune foto poi via si continua per un bel sentiero largo che girando attorno a questo poggio in circa un’ora ci porta alla Colla dei Boschetti m.1229. Anche qui, una volta fuori dal bosco troviamo il sole, attraversiamo la strada asfaltata e una volta trovati i cartelli, seguiamo le indicazioni  per Forte Montescio – Madonna dei Cancelli. Dopo un breve tratto di strada sterrata, andiamo a sinistra addentrandoci nel bosco per un ripido sentiero che dopo un bivio ci porta in 20 minuti circa al Forte Montescio, situato a Nord Ovest del Colle di Nava, è stato recentemente ristrutturato quindi le sue condizioni sono buone, e la vista esterna interessante. Piccolo break esplorando e fotografando il luogo, alle ore 10.20 riprendiamo il cammino. Fino ad ora non abbiamo incontrato nessuno, da qui le indicazioni per proseguire non si trovano… dopo un breve tratto che ci ha portati nel nulla, torniamo al Forte e salendo alle destra seguiamo un largo sentiero nel bosco senza trovare indicazioni alcune, finalmente dopo 10 minuti usciamo sulla strada sterrata dove troviamo le paline con i vari cartelli. Qui il paesaggio si apre, un ampio slargo con un bivio ci mette in condizione di prendere una decisione. Prendiamo a sinistra in direzione della  Madonna dei Cancelli, che più tardi, si rivelerà la decisione errata in relazione alla nostra meta iniziale. Continuiamo a camminare per una larga strada sterrata e dopo 20 minuti siamo alla Chiesetta della Madonna dei Cancelli m.1438. Si tratta di una chiesetta campestre situata tra la Cima dei Prati di Cosio e il Monte dei Cancelli, è stata costruita per garantire la pratica religiosa ai falciatori di Cosio, che venivano in questi luoghi lontano da casa per la fienagione estiva. Sostiamo un attimo, cercando di capire dove siamo e che direzione prendere, l’unico cartello ci indica un sentiero che va nella direzione opposta alla nostra meta, ci guardiamo intorno e troviamo un bollo rosso su di un albero, trovato!!! Una lieve traccia sale su questo pendio ancora coperto di neve… saliamo e in breve siamo in cima, un piano erboso ricoperto di neve, con al centro un cippo in pietra, troviamo una traccia che scende nel bosco dalla parte opposta, la prendiamo e dopo poco si fa sempre più sporca e i bolli sempre più difficili da trovare così ad un certo punto abbandoniamo l’idea di proseguire… torniamo in cima dove c’è il cippo e poi torniamo alla Madonna dei Cancelli. Ore 11.30, troviamo finalmente una giovane coppia con una bambina giunti qui con una Jeep, chiediamo alcune informazioni sul luogo e non riuscendo a pianificare nulla di buono, salutiamo e decidiamo di ritornare dal percorso di salita.  Intorno alle ore 12.00 ci fermiamo in un posticino al sole per pranzare, rilassati, ma un po’ rammaricati per non aver avuto più informazioni in merito al luogo e alla meta, ma va bene così: abbiamo comunque camminato nella natura scoprendo luoghi nuovi che ci hanno dato tanti spunti per una prossima volta. Alle ore 13.30 siamo di nuovo al Forte Pozzanghi, seduti al sole ci riposiamo un attimo ammirando ancora le nuvole basse che rispetto a stamattina sembrano un più alte. Gli ultimi 10 minuti di discesa e siamo di nuovo al Colle di Nava. Non siamo arrivati alla Rocca Pennina, in compenso abbiamo raggiunto la Cima dei Prati di Cosio, poco conosciuta ma è pur sempre una cima, una volta a casa, grazie a questa giornata si sono aperti innumerevoli mete che non vediamo l’ora di raggiungere, a partire proprio dalla Rocca Pennina. Chiudiamo così questi giorni in Liguria, felici di aver passato un fine e inizio anno  “in the mountains”!

 

Gli anni passano e le nostre escursioni aumentano, così a volte ricordando il passato ci capita di avere un pò di nostalgia di alcune uscite, soprattutto quelle pre-Angelo3Chiara dove i ricordi si mischiano ad altri e non sempre mettono a fuoco quella giornata vissuta. Oggi dopo quasi 7 anni e mezzo ci piace l’idea di tornare a ripercorrere quei passi che muovevamo con un pò di incertezza nei primi anni di escursionismo. Siamo in Liguria, per l’esattezza ci troviamo a Vignolo, un piccolo borgo nel comune di Nasino in provincia di Savona. Sono le ore 8.00, il sole in lontananza è ancora nascosto dietro le cime verso il mare, noi ci addentriamo per i vicoli questo borgo d’altri tempi, alcuni gatti ci vengono incontro incuriositi da noi due… raggiunto il centro del borgo, andiamo a sinistra dove saliamo per mulattiera e una volta addentrati nel bosco, il caldo ci coglie di sorpresa… dopo pochi passi siamo in maglietta. Saliamo e come un flash back ricordiamo tratti di sentiero… seguendo i segni in circa 2 ore siamo al Colle del Prione m.1309. La giornata è fantastica, calda e con un mare di nuvole all’orizzonte, la sosta è dovuta, giusto il tempo di un break con una barretta, guardando le indicazioni per la cima vediamo ben evidente la traccia che sale ripida… un breve tratto ci porta su di un crinale dove troviamo tante mucche intente nel loro pascolare, un p0′ stranite e quasi spaventate ci osservano al nostro passaggio. La cima è ancora lontana, continuiamo a camminare in questo ambiente selvaggio e dopo pochi metri di discesa, per un tratto in ombra dove troviamo ancora neve, giungiamo al cartello dopo circa 45 minuti dal Colle del Prione. Senza perder tempo, proseguiamo sul tratto più bello di questa salita: un sentiero ripido attraverso giganti di pietra poi traversiamo in costa fino a raggiungere l’anticima… ora in breve per cresta arriviamo alla cima! Monte Galero m.1708!! Che gioia! Dopo circa 3 ore e 30 siamo alla croce. La fame bussa e noi seduti vicino alla croce pranziamo ammirando il paesaggio che si palesa dinanzi a noi! Ore 12.00, la strada per il ritorno è ancora lunga, così dopo le foto e un breve pensiero sul libro di vetta iniziamo la discesa che seguendo la cresta opposta ci porta al Passo delle Calanche m.1411 in circa 40 minuti, per un bel sentiero dove abbiamo incrociato le uniche persone di tuto il giorno, che sono salite dal versante piemontese. Una volta al passo i cartelli presenti non indicano la direzione per scendere, su di una roccia però troviamo una scritta con l’indicazione per “Nasino”, la seguiamo e per sentiero segnato scendiamo ripidi attraverso il bosco, poi un tratto pianeggiante e infine l’ultima ripida discesa attraverso lo strato di nuvole… ci addentriamo in ambienti unici e ricchi di storia, come il castagneto con i ruderi fino al corso d’acqua con i suoi ponticelli ormai  quasi spariti,  una volta arrivati sulla mulattiera finale gli ultimi stanchi  passi ci portano a Visioletto. In circa 2 ore dal Passo delle Calanche siamo a Visioletto,  da qui altri 15 minuti di asfalto e siamo arrivati al parcheggio da cui siamo partiti 7 ore prima. Bellissimo giro, lungo come allora, ma forse oggi più in forma e preparati e di conseguenza più apprezzato, che ricordavamo a tratti,  dove la discesa ci aveva fatto patire per la poca segnaletica, invece a distanza di anni le cose sono migliorate, ben segnato anche se quest’ultimo sentiero sembrerebbe poco frequentato. Nel mentre ci godiamo l’arrivo alla macchina, un gruppetto di gatti si avvicina e ci saluta, conquistando qualche carezza.

Dopo un giorno di riposo dalla montagna passato a fare compere con Alessandro oggi torniamo in the mountains per provare gli acquisti e per cimentarsi in un pò di arrampicata al Sasso d’Erba per stimolarlo ancora di più. Così dopo la sveglia non troppo presto e la colazione ci incamminiamo al Sasso d’Erba. Il meteo è un pò strano, dopo la pioggia della notte e il sole di questo inizio giornata, comincia a coprirsi e in un caldo/freddo proviamo due facili tiri dove Alessandro prova tutte le emozioni che l’arrampicata sa offrire. Noi un pò invidiosi che alla sua giovane età abbia la fortuna di provare l’ebrezza di certe sensazioni,  ma molto orgogliosi di dargli questa opportunità. Così giunti alle ore 12.00, con le campane che suonano il mezzodì, decidiamo di fare fagotto e tornare alla base.

Alessandro felicissimo,  noi ancora di più.

Cinque giorni consecutivi in the mountains, questa volta al seguito abbiamo Alessandro che galvanizzato dall’uscita precedente vuole tornare a camminare per i nostri amati sentieri scoprendo nuove avventure. Oggi partiamo a piedi da casa e dopo esserci  addentrati nel bosco ci portiamo alla base del Sass del Tavarac, che si trova sul versante SE del Monte Panigas, sopra Erba, è un sasso costituito da diverse balze rocciose, e sulla prima balza è stata aperta una palestra di arrampicata. Dopo avere illustrato ad Alessandro la parete con i vari tiri e la sua ferrata seguiamo la traccia alla sua sinistra salendo alla sua sommità per questo breve ma divertente sentiero attrezzato, dove Alessandro ci mette tutto l’impegno per salire aiutato dalle catene, guardando con stupore la roccia e l’esposizione di questa traccia… pochi minuti ma intensi! Siamo in cima! La carica di Alessandro ci gasa e nel mentre facciamo un break mostrando le varie vie di salita ai monti che vediamo da questo balcone panoramico molto bello. Il tempo passa e il pranzo di Santo Stefano si avvicina così iniziamo la discesa per una via che non esiste attraverso il bosco che consociamo bene, per far divertire questo giovane ragazzo con tanta voglia di scoprire il mondo. Una volta sul sentiero torniamo a casa correndo e chiacchierando sulla salita e discesa di oggi… una volta a casa, doccia e poi a pranzo per questo Santo Stefano 2022.